Una piacevole chiacchierata con Valeria Fatone, autrice del libro “Il matrimonio, un lavoro come un altro”; tra massime filosofiche adattate alla quotidianità, riflessioni sulla vita di coppia, scappatoie, scappatelle ed evoluzione (o involuzione?) dei rapporti sentimentali.
Perché involuzione? Chi vi ha convinti che l’essere umano sia monogamo? La religione, la società, non certo la scienza perché questa dice il contrario. Aprire gli occhi su che cosa siamo e come funzioniamo non è tornare indietro, anzi casomai sarebbe un progresso, una presa di coscienza, un ragionare finalmente lasciando perdere le convenzioni sociali.
Innanzitutto, la relazione tra Marika e Alberto, i due personaggi, con lui che ha vent’anni più di lei ed è sposato, non è un cliché?
Certo è un’esperienza che capita spesso ma viene riesaminata allo scopo di scandagliare la realtà dei rapporti sentimentali di oggigiorno.
Marika, in ogni caso, si confida con Chiara, amica filosofa. Ne nasce un dialogo che sconfina nella maieutica, per dirla con Socrate…
Sì ho trovato un parallelo con la tecnica del filosofo greco perché Chiara allo stesso modo fa ragionare Marika permettendole di arrivare alle conclusioni che l’amica vuole.
Apparentemente, il titolo farebbe pensare a un libro di costume; in realtà, la leggerezza dei toni che riflessioni ti ha condotto a sviluppare?
Vuole essere una lettura leggere perché così è più piacevole, ma io spero tanto di far riflettere sui contenuti e soprattutto sul fatto che non è la fedeltà sessuale la cosa più importante (questa è una convinzione che ci ha inculcato la religione). Io cito sempre Luciano De Crescenzo: “Era facile ai tempi di Socrate dire a una donna ‘Ti amerò per tutta la vita’, la vita media era 25 anni! I sentimenti si trasformano e ciò che rimane ossia l’affetto familiare deve essere il punto fermo nella nostra vita. Perché l’essere umano ha bisogno da un lato della sicurezza e degli affetti, ma dall’altro anche delle emozioni. E per sopravvivere e non mandare tutto all’aria, per me sarebbe bene separare le due cose.
Durante la stesura del libro, ti è capitato di sorprenderti? E di cosa?
In realtà quello che mi sorprende sempre è il fatto che le persone si incaponiscano nel credere nelle favole: come si fa a non accorgersi che l’amore non è eterno? Poi, capito ciò, non ci si dovrebbe tirare i coltelli ma accettarlo e comportarsi da adulti: molto dello stress in famiglia è dovuto al sentirsi in obbligo di dimostrare un sentimento che non esiste più. Eliminiamo questo stress! E vivremo meglio.
Il termine “amante” nel libro acquisisce un’accezione nuova, come se perdesse l’alone scandaloso e venisse interpretato alla lettera: quindi colei o colui che ama, nel senso più nobile dell’espressione?
Il mio romanzo vuole essere una provocazione però secondo me è vero che dovremmo essere più elastici, come si dice oggi, più fluidi. Se non pretendiamo dimostrazioni impossibili, il sentimento può durare ed è giusto così, soprattutto tenendo conto dei figli. Poi il divertimento è un’altra cosa…
Abbiamo parlato con Valeria Fatone, l’autrice del libro; se posso chiedertelo, la Valeria donna nella quotidianità dei rapporti come si regola?
Dico sempre che ci vuole più leggerezza: non drammatizziamo, non tormentiamo il partner che così sarà più contento di stare con noi, lasciamo da parte la gelosia. E staremo tutti meglio.
Paolo Marcacci