Goodbye, Boris! Johnson si dimette, non sarà più Premier

Al numero 10 di Downing Street la porta è chiusa. Era il 24 luglio 2019 quando Boris Johnson la varcava per la prima volta in qualità di Primo Ministro del Regno Unito. Ora, a distanza di tre anni, esce di scena tra il giubilo dei conservatori, che altro non speravano se non la sua resa incondizionata. A nulla sono serviti i tentativi di salvare la testa, come quello di sostituire alcuni ministri: nessuno, ormai, era disposto a veleggiare insieme a lui. “Sono costretto a lasciare il lavoro più bello del mondo, dopo aver ottenuto la più grande maggioranza parlamentare dal 1987. Mi spiace e sono triste. Ma nessuno è indispensabile, e questa è la volontà dell’istinto del gregge a Westminster. Questo mi ha frenato”.

I motivi delle dimissioni

A pesare sulla decisione annunciata stamattina, l’ondata di dimissioni (circa 60) che ha travolto il Governo e il suo partito all’indomani del ‘Partygate’, lo scandalo che lo aveva visto protagonista di alcune feste mentre gli inglesi erano chiusi in casa per il lockdown (per cui BoJo aveva ricevuto una multa e un’indagine a suo carico dal Parlamento per aver forse dichiarato il falso) e di quello, più recente, che aveva investito il suo braccio destro, il deputato Christopher Pincher, costretto da uno scoop del Sun a dimettersi da deputy chief whip dopo la scoperta di alcune serate a base di alcol e molestie sessuali ai danni di giovani uomini. Anche qui, Johnson ci era ricascato: inizialmente si era professato all’oscuro delle rocambolesche avventure notturne del collaboratore, salvo poi essere smentito da una serie di carte scottanti. Il risultato è stato per lui fatale: oggi l’89% del suo popolo lo vuole fuori dal Governo (compreso il 54% dei colleghi di partito).

L’ondata di dimissioni

L’ultima dimissione risale a poche ore prima della scelta di lasciare Downing Street ed è stata il punto di non ritorno. Fresca di nomina da meno di due giorni, Michelle Donelan, Ministro dell’Istruzione, decide di seguire l’esempio di chi l’aveva preceduta e di abbandonare il Premier, attorno al quale ormai si era creato il vuoto. ”È l’unico modo per portare Johnson alle dimissioni'”, ha detto. Prima di lei era stata la volta di George Freeman, Ministro della Scienza, al grido di “il troppo è troppo”, ma anche di James Cartlidgem, Ministro della Giustizia, che aveva spiegato: “In qualità di ministro dei Tribunali, mi sono sentito in dovere di rimanere in carica a causa della situazione molto impegnativa nella Corte della Corona. Ma è chiaramente impossibile continuare”. E poi, tra gli altri illustri, Helen Whately, Segretaria dello Scacchiere al Tesoro. Ad aprire le danze, creando non poco scalpore, era stato però Dominic Cummings, l’uomo di fiducia di Boris Johnson nonché fautore della Brexit nel 2016. Da lì, una reazione a catena che è terminata con l’addio di Donelan.

E adesso?

Gli inglesi dovranno aspettare l’autunno prima di dire l’addio definitivo a Johnson. I conservatori, infatti, sceglieranno nei prossimi mesi la loro prossima guida, quindi il nuovo Premier. Ma non manca chi vorrebbe l’ex sindaco di Londra fuori dai giochi subito. È il caso di Sir Keir Starmer, leader dei laburisti, che minaccia di proporre un voto di sfiducia in Parlamento contro di lui. Un’onta che per BoJo sarebbe ancor più difficile da digerire.

Angelica Migliorisi