Il governo spagnolo di Sánchez ha annunciato che – per provare a risolvere le difficoltà poste in essere dalla crisi – ha trovato una soluzione davvero controcorrente di questi tempi: la soluzione consiste nella tassazione delle banche.
Avete capito rettamente, il governo spagnolo di Sánchez vuole risolvere, o provare a risolvere, la crisi che sta sconvolgendo l’Europa tutta affrontandola da una diversa prospettiva e con soluzioni radicalmente differenti rispetto a quelle usuali a cui ormai siamo abituati nel tempo del globalcapitalismo finanziario. Il governo Sánchez vuole – per una volta, finalmente – non farla pagare ai lavoratori, ai ceti medi, alle classi più deboli, quando non direttamente agli sconfitti, ai “dannati della terra” della globalizzazione infelice. In maniera diametralmente opposta ha deciso che per una volta tanto siano i dominanti a pagare. Coloro i quali peraltro sono (almeno dal 2007) in maniera lampante i responsabili della crisi, ed è giusto che paghino loro. Non solo perché sono le classi dominanti (quelle plutocratiche, finanziarie) che vivono di rendita sulle spalle di coloro i quali invece lavorano, ma anche in ragione del fatto che sono i principali artefici di questa crisi che poi a ben vedere non è nemmeno una crisi, ma è il fondamento stesso di un capitalismo che si fonda sull’emergenza permanente anche su quella di tipo finanziario.
È quindi, quella del governo di Sánchez che decide di far pagare il tutto alle banche, una notizia che non possiamo che accogliere con sobrio giubilo. Che sia davvero l’incipit vita nova del socialismo in Europa, di una sinistra che torni finalmente ad occuparsi dei lavoratori e dei ceti medi, anziché come da tempo ormai fa, superando anche la destra, a difendere con solerzia le classi dominanti e il capitale finanziario. Il dramma ridicolo, per molti versi, della sinistra sta proprio in questo: è passata dalla difesa sacrosanta del lavoro a quella del capitale, divenendo il braccio armato fucsia delle classi dominanti capitalistiche, proponendo come ultima frontiera – come sola frontiera di lotta -quella dei capricci arcobalenici di consumo per i ceti abbienti.
Bene, che il segnale di Sánchez sia forte e chiaro, che la sinistra torni ad occuparsi di lavoro e di diritti sociali, che la sinistra non sia più sinistra nel senso oggi ricorrente dove sinistra e destra – come più volte abbiamo sottolineato – sono di fatto, nel quadro della globalizzazione turbo capitalistica, le due ali dell’aquila neoliberale che volteggia leggiadra nel cielo della globalizzazione infelice colpendo sempre e solo le classi lavoratrici e andando a rafforzare il già simmetrico rapporto di forza dominante, quello a beneficio del capitale finanziario e usuraio, del “finanzcapitalismo” come lo appellava Luciano Gallino.
Insomma, un segnale positivo quello della Spagna, davvero. Perché ci segnala che è possibile invertire la rotta anche quando tutto pare ormai preordinato, immodificabile – perché “there is no alternative” come ripetono gli aedi del nuovo ordine liberista – è invece possibile invertire la rotta, mutare il coefficiente di inevitabilità, prospettare piste alternative (magari anche di emancipazione per le classi dominate), proporre cioè una via di riscatto che finalmente faccia risplendere un barlume di giustizia su questa terra sempre più desolata, sempre più preda del dominio dei dominanti, spietati, apolidi, miranti unicamente al loro profitto.
Ecco quindi il segnale positivo che cogliamo dalla Spagna di Sánchez e che brilla come una speranza per tutti noi. Naturalmente le banche non staranno a guardare. Dobbiamo immaginare già una potente controffensiva con la quale proveranno a loro volta a invertire la rotta e a far sì che una volta di più trionfi il loro interesse, quello dei gruppi dominanti. Perché il capitalismo, lo sappiamo, è quella astrazione concretissima in cui il paradiso dei pochi (degli “happy few”) si fonda sulla miseria dei più, degli sfruttati, dei descamisados.
Questa è la potenza del capitalismo, ogni pancia vuota dovrebbe essere un argomento fortissimo contro il capitale e invece le pance vuote molto spesso vogliono il capitale, vogliono entrare nei confini blindati di quell’apartheid planetaria chiamata appunto capitalismo. Ebbene che la Spagna sia da segnale, dicevo, che sia un punto di riferimento per tutti coloro i quali per una via o per un’altra sono giunti alla rivolta contro il capitalismo come nesso di forza asimmetrico basato sul trionfo della finanza contro il lavoro delle classi che ancora vivono lavorando ed essendo oggi più che mai sfruttate da coloro i quali, in maniera parassitaria, vivono del lavoro altrui.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
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