Leggo in questi giorni su “La Stampa” di Torino che stanno per ripartire i venerdì ambientali di Greta Thunberg.
Questo il titolo proposto da “La Stampa”, quotidiano sabaudo par exellence: “Da lunedì a Torino i Friday for future con Greta e 500 delegati dal mondo: ‘Faremo una rivoluzione’”. Non sfuggano, a tal riguardo, le parole minacciose dei guerriglieri dell’ambiente, dei nuovi eroi green: “faremo una rivoluzione”. Curiosa espressione quella di rivoluzione se consideriamo il fatto che questa espressione, la più audace che la modernità abbia prodotto, viene oggi depotenziata, per non dire decaffeinata, dacché è utilizzata in ogni ambito (dalla moda al marketing) che non sia l’ambito sociale, politico, quello proprio di questo termine, quello in cui questo termine è maturato nella modernità e ha avuto i suoi successi, dalla Rivoluzione francese a quella russa.
Curioso il fatto che i nuovi guerriglieri del verde, capitanati dalla piccola scandinava Greta, chiamino rivoluzione quella che nemmeno nomina i rapporti di forza e lo sfruttamento capitalistico. Insomma, quella che propongono, l’abbiamo inteso, è la rivoluzione più amata da tutti i padroni del mondo, una rivoluzione interclassista, una rivoluzione gentile, una rivoluzione che lascia tutto com’è e che di fatto produce una sorta di deresponsabilizzazione integrale in grazia della quale la colpa dei danni cagionati all’ambiente è di tutti e di nessuno anzi a rigore è soprattutto dei ceti più deboli – quelli che magari per andare a lavoro inquinano – perché non possono permettersi i beni di lusso green che il nuovo capitale sta producendo.
Proprio di questo bisognerebbe realmente discutere, che vi sia un danno all’ambiente prodotto dal capitale è sotto gli occhi di tutti, è innegabile, è anzi l’effetto necessitato dell’ontologia stessa del capitale, o della tecnica direbbe Martin Heidegger, il quale ha esattamente segnalato il fatto che il mondo della tecnica si fonda su un’ontologia di base tale per cui l’essere è obliato e in suo luogo vi è soltanto l’ente inteso come infintamente disponibile per i processi della volontà di potenza. Detto altrimenti: dell’essere non resta più nulla e tutto ciò che c’è viene trattato alla stregua di un fondo disponibile per la volontà di potenza, per la crescita smisurata, per il profitto e per il big business. È una fotografia precisa quella fatta da Heidegger del nostro mondo all’insegna del tecnocapitalismo. Ebbene, per cambiare realmente le cose, ossia per prendersi realmente cura dell’ambiente occorrerebbe mutare radicalmente lo scenario, abbandonare la civiltà tecnomorfa, produrre una reazione contro il capitale in grado di portarci fuori da questo modello infame di sviluppo che sta distruggendo l’ambiente, l’ecosistema, la vita umana e animale.
Invece no, i padroni del capitale come sempre cercano di cambiare tutto perché non cambi niente: in particolare ci propongono una rivoluzione green, gentile, che di fatto fa prevalere more solito, gli elementi di business su quelli di cura ambientale. Anzi, a rigore, le green economy, come viene sempre appellata altro non è se non l’ennesima trovata del capitale per generare business.
Gli elementi di business prevalgono su quelli di cura ambientale e poi, ancora, non dimentichiamo che, come un cubo capovolto resta sempre un cubo così un capitalismo ritinteggiato di verde resta pur sempre un capitalismo. Ecco perché i padroni amano tanto le rivoluzioni dei venerdì ambientali. Ecco perché celebrano a tutta pagina e a reti unificate le rivoluzioni, se così vogliamo chiamarle, sit venia verbo, le rivoluzioni praticate da Greta e dagli altri guerriglieri verdi che finiscono, senza saperlo, per essere alfieri di quella distrazione di massa che dirotta l’attenzione rispetto al conflitto sociale, economico e politico verso l’altrove, verso questioni che sono del tutto irrilevanti rispetto all’economia, al lavoro, allo sfruttamento e che anzi finiscono per produrre un attutimento della coscienza delle contraddizioni.
Ecco perché queste rivoluzioni, mai nome fu più inappropriato, vengono celebrate e amate dal patronato cosmopolitico, e poi celebrate e amate dai chierici, dai mandarini di completamento del rapporto di forza dominante.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
Home Blog