Il filosofo francese Henri Bergson scriveva che, nell’epoca della tecnica, sarebbe presto divenuto necessario un supplemento d’anima. Quasi come se l’uomo – per poter fronteggiare i dilemmi posti in essere dalla civiltà tecnocratica – avrebbe dovuto ampliare i confini della propria anima per farsi più grande, più in grado di pensare e di comprendere, di porre dilemmi etici e di non lasciarsi sopraffare dalla tecnica.
Possiamo dire che le cose sono andate ben altrimenti rispetto a come auspicava potessero andare Henri Bergson. In effetti sembra che l’uomo contemporaneo – dominato, posseduto, dalla tecnica – non soltanto non abbia prodotto quella crescita dell’anima auspicata da Bergson sembra anzi che sia stato ormai quasi del tutto privato dell’anima, che abbia (per così dire) venduto l’anima alla tecnica fino a farsi quasi integralmente egli stesso un prodotto della tecnica, manipolato e amministrato dalla tecnica stessa.
Martin Heidegger – uno degli autori che nella contemporaneità, in maniera più approfondita, hanno esaminato i dilemmi della civiltà tecnomorfa – disse una volta che l’uomo diventava sempre più un giocattolo nelle mani della tecnica e finiva per essere l’utilizzato, l’impiegato, dalla tecnica. Proprio in ciò anche sta il paradosso della civiltà tecnomorfa, se ci pensate: l’uomo, per un verso, si illude di signoreggiare la tecnica, di produrre strumenti anche sofisticati sul piano tecnico per poter padroneggiare il mondo e non si avvede in realtà che per una perversa eterogenesi dei fini, finisce egli stesso per finire impiegato dalla tecnica e dai suoi strumenti quasi come se appunto il vero soggetto non fosse l’uomo – che pure si illude di esser tale – ma fosse la tecnica stessa, dispositivo imperante che tutto amministra, compreso l’uomo.
Martin Heidegger parlava a questo riguardo di gestell (l’impianto, l’apparato) che potremmo tradurre come “l’impianto in positivo che domina e signoreggia l’ente nella sua totalità” (il pianeta, le cose, gli animali e financo l’uomo stesso che pure, dicevo, si illude di essere signore della tecnica). Il processo con cui la tecnica ci signoreggia e dispone sempre più illimitatamente dell’ente, secondo le dinamiche della volontà di potenza – illimitatamente potenziantesi – producono un mondo sempre più disumanizzato e in effetti la disumanizzazione dei rapporti umani sembra essere la cifra costante, il basso che accompagna senza tregua il tempo del post-umano (che meglio sarebbe definire forse del disumano sotto il segno della compiuta tecnicizzazione del mondo). Per questo la tecnica lungi dal produrre maggiore espansione dell’anima, maggiore spazio di riflessione, sembra produrre esattamente l’opposto: imbarbarimento, imbruttimento, disumanizzazione appunto, con tanto di scene di quotidiano imbarbarimento che talvolta compaiono anche sui quotidiani. Leggo, ad esempio, che a Mestre un uomo è stato ingannato dal navigatore satellitare ed è entrato con la sua auto nel sottopasso perché aveva inserito il percorso a piedi sul navigatore satellitare.
Insomma la tecnica ci dispensa dalla fatica del pensare e ci rende tutti più inebetiti, più sottomessi a questo grande apparato, ed è questo in effetti uno degli aspetti che più meritano di essere sottoposti ad analisi critica nel tempo in cui tutti calcolano e pochissimi ancora pensano – perché pensare significa fermare l’andamento rapido, accelerato, delle cose, significa porle ad analisi, sospendere il giudizio per riflettere – nel tempo della tecnica si sa, non c’è spazio per riflettere, tutto procede e deve semplicemente funzionare e il fatto che tutto debba soltanto funzionare senza pensiero è forse il problema massimo che merita di essere reso oggetto di riflessione in un evo, il nostro, in cui a ben vedere la cosa che più dà da pensare è il fatto che nessuno avverta più l’esigenza di pensare, siamo dominati dalla tecnica forse abbiamo barattato la nostra umanità per diventare sempre più giocattoli nelle mani della tecnica, per riprendere la fortunata e inquietante espressione di Martin Heidegger.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro
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