La cancel culture colpisce ancora: vuole annullare ogni simbolo politico ed è solo l’inizio

Infuria in questi giorni una polemica, piuttosto serrata, intorno alla fiamma come simbolo politico. In particolare, il partito Fratelli d’Italia – capitanato da Giorgia Meloni – ha detto perentoriamente di non aver nulla a che vedere con la storia del fascismo e anzi ha precisato che condanna per molti aspetti quella storia, soprattutto in relazione alle infami leggi razziali e altri aspetti non trascurabili di quella vicenda politica. A quel punto da più parti si è sostenuto che oltre alle parole occorre tener fede ai fatti: bisognerebbe, come ha sottolineato la senatrice a vita Liliana Segre, rimuovere la fiamma come simbolo politico di Fratelli d’Italia. Se è vero com’è vero che quella fiamma segna una continuità tra il Movimento Sociale Italiano prima, Alleanza Nazionale poi e dulcis in fundo Fratelli d’Italia.

A questo punto mi siano consentite alcune considerazioni su quella che propongo di qualificare come la cancel culture in politica e lo dico non avendo nulla che spartire con la storia della fiamma e con quella visione politica: lo dico semplicemente per amor di verità e con una riflessione distaccata di tipo filosofico politico. La cancel culture si è effettivamente introdotta anche nella sfera politica e pretende di ottenere la desimbolizzazione integrale della politica, più precisamente: l’annientamento di ogni simbolo che non sia organico alla civiltà del nulla merciforme. Ecco allora che la cancel culture pretende: a sinistra di rimuovere la falce e il martello come simbolo della gloriosa tradizione della lotta per il lavoro e per l’emancipazione umana; a destra pretende di annullare la fiamma come simbolo di un mondo che variamente inteso, non era del tutto organico alla civiltà del nulla merciforme e alla tecnica sovrana planetaria.

La civiltà del nulla in politica è pienamente coerente con il neoliberismo e infatti produce la nientificazione di tutta la sfera politica con annessa desimbolizzazione integrale e poi accetta – e anzi impone – come unici simboli ammessi quelli che rispecchiano la civiltà del nulla, le merci e i loro simboli. Ecco perché, come in ambito religioso la civiltà del nulla produce la desimbolizzazione rimuovendo i veli e i crocefissi e pretendendo invece l’esposizione ubiquitaria di merci e di marche della civiltà merciforme, analogamente in politica impone l’annientamento dei simboli non ortodossi rispetto alla civiltà del nulla e insieme con movimento simmetrico chiede a tutti di essere liberali e dunque di esporre i simboli stessi che siano organici alla civiltà del nulla. In politica ciò si determina in quella che più volte abbiamo definito l’alternanza senza alternativa che il filosofo Domenico Losurdo diversamente affermava essere il monopartitismo competitivo.

Alternanza senza alternativa o monopartitismo competitivo dicono essenzialmente il medesimo, una civiltà in cui il pluralismo tanto decantato in realtà coincide con un monopolarismo assoluto con una sorta di monologo neoliberale in cui tutte le differenze e i plurali sono in realtà variazioni del medesimo. Ecco allora che come la sinistra fucsia neoliberale postmoderna ha rinnegato la falce e il martello per diventare una new left di completamento al neoliberismo così la destra bluette ha rinnegato la fiamma e i simboli della propria tradizione e se non l’ha ancora fatto lo sta facendo resistendo tenacemente a questo processo per diventare completamente destra bluette di completamento del neoliberismo.

Del resto è curioso notare come la stessa Giorgia Meloni – che per un verso rivendica il simbolo della fiamma – abbia già di fatto smentito ogni riferimento al passato storico della destra e al tempo stesso abbia affermato senza infingimenti la propria adesione all’atlantismo della Nato e alla civiltà neoliberale contemporanea se è vero com’è vero che il suo partito rispetto al fiscal compact ha assunto posizioni non propriamente oppositive. Insomma, destra e sinistra sono nuance, sono variazioni del medesimo, sono le due ali dell’aquila neoliberale.

Per questo occorre riaffermare con coraggio e vigoria l’esigenza dei simboli in riferimento alla propria tradizione, quale che sia. La forza della tradizione è in grado di resistere al nulla che avanza, per questo i simboli sono importanti, per questo occorre avere il coraggio di rimanere fedeli alla propria tradizione intesa, non come una statua immobile, ben rotonda, da conservare così com’è ma come un fiume in piena, per dirla con Hegel. Se preferite la tradizione è una fiamma sempre viva per ritornare al tema, una fiamma che deve essere alimentata e trasmessa di generazione in generazione.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro