“Zuckerberg ammette che Facebook censurò un articolo su Hunter Biden: seguimmo le indicazioni dell’Fbi”. La notizia è apparsa qualche giorno fa sul Corriere della Sera, facendo subito sobbalzare dalle sedie i sostenitori di Donald Trump, già scossi dai recenti avvenimenti. Durante un’intervista, il papà di Facebook ha dichiarato di aver limitato, nel lontano ottobre 2020, la diffusione di un articolo del New York Post contenente accuse contro Hunter Biden, figlio dell’attuale Presidente statunitense. A convincere Zuckerberg, la richiesta da parte dell’FBI di prestare attenzione alle infiltrazioni russe nelle elezioni del 2016.
Un fatto sconcertante, che ovviamente non riguarda solo gli Stati Uniti – che pure sono alle prese con le prossime elezioni di mid-term – ma tutto il mondo. Fabio Duranti non le manda a dire: “Praticamente se l’Fbi ordina, Facebook esegue. Non si può parlare certo di un social libero. Questo è quello che accade in rete e che accade anche con i finti debunker, quelli che si autodefiniscono ‘eletti’, gli ‘illuminati della verità’, che in realtà sono i più ‘spara-ca**ate’ del mondo. Un po’ come il discorso degli antinfiammatori contro il Covid: avevano ragione quei medici che avevano studiato e che dicevano che l’antinfiammatorio è una prima fondamentale difesa”.
In quanto esperto di comunicazione, il Prof. Alberto Contri prova ad analizzare il comportamento dei debunker: “Giocano sulle virgole, fanno i debunker dei miei c******i, sono delle zanzare moleste. Io ho fatto fare uno studio ai miei masterizzandi da cui risulta chiaramente chi li finanzia (e si scopre che sono sempre gli stessi), per esempio Facebook. Quindi tu ti fai pagare indirettamente da chi prende gli ordini dall’Fbi. Se ‘debankassero’ a 360 gradi mi starebbe bene, ma seguono solo la linea dei soldi. Si tratta di un enorme conflitto di interessi”.