E così adesso scopriamo che per le elezioni politiche del settembre 2022, i virologi scendono in campo. Sì, proprio loro, coloro i quali erano stati presentati come tecnici super partes, come star mediatiche che snocciolavano dati e che agivano sempre e solo nell’interesse della scienza oggettiva, disincarnata rispetto agli interessi particolari. Bene, proprio loro, i druidi del sapere tecnico-scientifico, adesso si schierano apertamente nelle elezioni politiche del 2022. Ciò ci permette di svolgere alcune, pur telegrafiche, considerazioni.
In primo luogo, il fatto che il rapporto tra politica e medicina è più robusto di quello che si è soliti ammettere. Più radicalmente, potremmo dire quel che diciamo in realtà da due anni a questa parte: ciò che stiamo vivendo non è semplicemente un’emergenza medico-scientifica, come si ripete ossessivamente, è anzi, primariamente e soprattutto, un’emergenza politica, o più precisamente stiamo vivendo un grandioso laboratorio di produzione di nuovi assetti sociali, politici ed economici destinati a fare epoca (l’ho chiamato ‘il nuovo capitalismo terapeutico’), e questo mutamento tellurico della società, dell’economia e della politica viene giustificato grazie alla narrativa dell’emergenza epidemica permanente e delle misure che vengono presentate come soltanto volte, in chiave medico-scientifica, a contenere l’emergenza stessa, o come usa dire con gelido lessico tecnico, a ‘raffreddare la curva epidemiologica’.
Bene, ora sappiamo che il rapporto tra medicina e politica è più robusto di quello che si suole ammettere. E possiamo anzi dire che l’ordine del discorso neo-liberale è un ordine del discorso che impiega il discorso medico-scientifico per giustificare questioni che, se lette in trasparenza, sono primariamente di tipo politico, sociale ed economico. Non è forse vero, del resto, che tutte le misure che sono state adottate in questi due anni e mezzo di emergenza dello yo-yo permanente sono misure che sono state presentate come medico-scientifiche, cioè volte volte a proteggere le nostre vite dall’emergenza e dai contagi, e poi in realtà erano concretamente misure politiche di tipo repressivo, autoritario, volte di fatto a riorganizzare il modo di governare le cose e le persone in chiave autoritaria?
Volete alcuni esempi concreti? Non è forse vero che i lockdown sono serviti anche e soprattutto a distruggere le imprese locali, a impoverire i ceti medi, a imporre un nuovo modello di libertà autorizzata e a singhiozzo? Non è forse vero che il coprifuoco, che di medico-scientifico non ha invero neppure il nome, è servito anzitutto a imporre un nuovo modello di vita limitato, con spazi di libertà sorvegliati e autorizzati? Ancora, non è forse vero – per citare un ultimo, decisivo caso – che il distanziamento sociale (badate: distanziamento ‘sociale’, non ‘fisico’) è una misura autoritaria che riorganizza integralmente la società secondo la figura dell’homo homini virus, una società di atomi distanziati che si evitano e si concepiscono gli uni come gli altri come nemici perché portatori del virus?
Insomma, dietro il discorso medico-scientifico di questi due anni e mezzo si nasconde la più grandiosa riorganizzazione autoritaria e disciplinare della società su basi bio-politiche: il paradigma della sicurezza, in nome del quale, nell’emergenza permanente, si limitano le libertà e i diritti. Del resto, ‘Cura Italia’ era il nome del Decreto significativamente proposto nell’aprile 2020 dal Governo di allora. E non ci stupiamo davvero, dunque, che i virologi adesso entrino in politica: in realtà, la politica era già entrata nella scienza medica da tempo, proprio come la scienza medica aveva prestato il suo lessico alla politica già da tempo.
Anzi, possiamo davvero dire, con Michel Foucault, che la nuova episteme, il nuovo rapporto tra potere e sapere nel quadro del capitalismo terapeutico contemporaneo è un rapporto tale per cui la politica impiega il lessico della medicina, che a sua volta diviene in larga parte un discorso ideologico di completamento del nuovo ordine del capitalismo terapeutico. Non si dimentichi poi il fatto che il nuovo ordine del liberismo – che usa l’emergenza come metodo di Governo delle cose e delle persone – abbisogna non solo dell’emergenza permanente, ma anche dell’idea secondo cui solo i tecnici debbano decidere: non il demos, in quanto tale composto da non-esperti e da non-tecnici, ma i tecnici, gli esperti.
Si ha quindi il profilo di una nuova ‘espertocrazia‘ tale per cui non tutti devono decidere, come è in democrazia, ma solo gli esperti, coloro i quali hanno i titoli adeguati per farlo. Ecco allora i banchieri, i top manager e i medici ultimamente. Siamo davvero al di là dei confini della democrazia anche sotto questo profilo: siamo ormai entrati in una espertocrazia in cui, guarda caso, gli esperti poi sono sempre banchieri, uomini di dichiarata fede liberal-atlantista, fucsia o bluette che sia.
Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro