Se n’è andata anche la regina Elisabetta, che è mancata proprio nella giornata di ieri e che ha immediatamente creato commozione e commenti a non finire nella rete e sui giornali.
Era la regina par excellence, quella che più è stata longeva. Per altro aveva da poco celebrato i suoi 70 anni di regno. Insomma, la regina Elisabetta aveva rappresentato – nell’immaginario delle generazioni di tutta Europa e forse di tutto il quadrante occidentale del mondo – l’idea del “sangue blu”: la condizione di chi in fondo viene rappresentato come appartenente a un mondo superiore, un residuo di mondo premoderno all’interno della modernità, da un certo punto di vista.
Questo è un aspetto che l’ha resa sicuramente interessante, affasciante per taluni e oggetto di critiche spietate per altri. Quel che è certo è che la regina Elisabetta, con la sua vita longeva, ha attraversato direttamente decenni della storia del mondo. Il secolo che Hobsbawm ha definito il “secolo breve” ella lo ha attraversato con la sua presenza e, non per caso, sono state pubblicate in queste ore foto che la ritraggono in alcuni dei momenti decisivi della storia novecentesca, quasi come se si trattasse di una galleria che la ritrae mentre cresce, matura, invecchia fino a raggiungere la data che l’ha portata alla sua scomparsa.
La regina Elisabetta ha attraversato la storia del Novecento di cui è stata sicuramente una figura importante. Ha entusiasmato e ha attirato critiche, sicuramente non è rimasta indifferente. Possiamo dire che ha attraversato momenti anche drammatici con la sua vita: la vicenda della principessa Diana resta scolpita nell’immaginario di tutti. Ha vissuto anche momenti di allontanamento, di prese di posizione sicuramente coraggiose.
Quel che possiamo dire sicuramente è che la scomparsa, in queste ore, è oggetto di una discussione costante: vi sono quelli che si lasciano andare alla commozione – come anche è ragionevole immaginare per coloro che hanno sempre guardato alla regina con attrazione, con interesse, con l’affetto di chi come dicevo vedeva in lei una sorta di frammento superstite del mondo premoderno – e vi sono anche coloro i quali hanno svolto considerazioni più direttamente politiche, storiche intorno alla sua figura.
Da un certo punto di vista potremmo anche dire che se ne va in un momento cruciale della storia contemporanea, curiosamente dopo pochi giorni rispetto alla dipartita di Gorbaciov, personaggio diversissimo rispetto a lei, intendiamoci, ma con il quale ella ha condiviso l’attraversamento di alcuni momenti decisivi della storia del Novecento.
Possiamo dire che come con Gorbaciov nei giorni scorsi è implosa l’idea stessa di perestroika – dissolta sotto l’idea di un nuovo mondo, di un nuovo mondo che non è più quello avviato dalla perestroika, di un nuovo mondo multipolare conflittuale non più dominato soltanto dalla potenza del dollaro – così ora con la dipartita della regina Elisabetta sembra che termini un mondo. Per lo meno in Inghilterra sembra che ci sia una svolta decisiva qual è per altro quella registrata nei giorni scorsi con l’avvento della nuova Premier che ha fatto dichiarazioni di portata epocale come quella relativa alla possibilità di utilizzare il nucleare.
L’affetto quasi universale per la morte della regina Elisabetta in parte è legato anche al suo essere stata per molti versi impolitica (il suo regno non ha avuto grandi prese di posizione politica) cosicché la sua figura è stata per così dire estetizzata al punto che oggi, il giorno dopo rispetto alla sua morte, molti la ricordano con commozione, come si ricorderebbe una grande star cinematografica, un’icona del buon gusto per alcuni, un’icona della società dello spettacolo per altri.
Sicuramente non è abbinata immediatamente ad una figura politica e questo è un aspetto davvero curioso della sua vicenda: viene ricordata per la sua longeva esistenza, per l’esser stata protagonista di alcuni momenti fondamentali della storia novecentesca, ma non certo per prese di posizioni radicali e questo fa parte forse del suo personaggio.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro