Ebbene sì, Mario Draghi, l’euroinomane di Bruxelles, l’uomo che esordì Goldman Sachs e che fu sul panfilo Britannia nel ’92, è stato premiato statista dell’anno. Il premio è stato consegnato all’euroinomane di Bruxelles all’appeal of conscience foundation. Nel suo discorso Mario Draghi, apprendiamo da skytg24, ha affermato quanto segue: è in gioco il futuro del mondo. Pronti al dialogo ma fermi sugli ideali, ottimista sull’Ucraina.
Ovviamente sono fioccati complimenti sperticati dai principali esponenti del nuovo ordine mondiale turbocapitalistico a trazione atlantista. Complimenti da Kissinger e da Biden. In particolare il Presidente della civiltà del dollaro ha sottolineato “il suo lavoro per far avanzare i diritti umani nel mondo. Draghi è stata una voce potente nella promozione della tolleranza e della giustizia, lo ringrazio per la sua leadership”. Davvero ogni commento sarebbe superfluo perché questa stessa narrazione parla da sé: è il capitale che celebra se stesso e premia i suoi esponenti. Non dimentichiamolo mai: il capitale celebra con la società dello spettacolo, con i circenses che la popolano e con il clero intellettuale e giornalistico di completamento, premia sempre e solo coloro i quali sono organici al suo dominio.
Per converso, per seguita di fama ostracizza e demonizza tutti coloro i quali per una via o per un’altra provino a opporsi all’ordine ogni giorno più asimmetrico dell’organizzazione turbocapitalistica ed ecco allora che puntalmente Mario Draghi viene celebrato non soltanto a tambur battente ma di più: nominato statista dell’anno. Quale miglior prova che egli sia l’uomo giusto al momento giusto, l’uomo dei mercati e per i mercati. L’unto dall’ordine mercatista, senza frontiere, l’euroinomane di Bruxelles, come lo abbiamo chiamato. L’uomo che piace ai mercati e viene premiato da essi. Addirittura nel discorso letteralmente orwelliano dell’arcobalenico vegliardo Joe Biden, Mario Draghi viene presentato come il maggior difensore dei diritti umani.
Quali diritti umani avrebbe tutelato, di grazia, Mario Draghi? Non certo quelli dei lavoratori e dei ceti medi italiani, che sono stati martoriati senza pietà in nome delle ragioni superiori, o presunte tali, dei mercati. Non certo i diritti dell’Italia che è stata sempre sacrificata nel nome delle più alte ragioni dell’Unione Europea e della Banca Centrale. I diritti del Capitale, sono stati tutelati senz’altro da Mario Draghi e ora che quei diritti possano identificarsi tout court con i diritti umani è quantomeno degno di attenzione. Di quale giustizia è stato promotore Mario Draghi di grazia? Joe Biden ha parlato di questo, di giustizia che Mario Draghi ha garantito, la giustizia dei mercati, dell’autoregolamentazione dei mercati senza interferenze, la giustizia delle chiusure che si presentavano come terapeutiche, oppressive e repressive a noucumento dei ceti medi e delle classi lavoratrici.
Insomma, Mario Draghi ha tutelato benissimo le classi dominanti e la visione mercatista ed è proprio per questo che viene ora premiato con il giusto riconoscimento da quelle stesse classi, dal padronato cosmopolitico, dalla plutocrazia neoliberale, dagli ammiragli del capitale borderless. Nulla di nuovo quindi, uno spettacolo tipico della civiltà merciforme, finanziaria e della stessa che celebra continuamente se stessa e i propri araldi. Ci saremmo anzi stupiti se questo premio non fosse arrivato. E’ la prova che Mario Draghi corrisponde in pieno al profilo richiesto dai mercati. Del resto, l’intera vicenda politico-economica di Mario Draghi sembra compendiarsi in quella celeberrima sua asserzione, secondo cui bisognava salvare (lo disse nel 2012) “bisogna salvare l’euro”. Non i popoli, i lavoratori, l’interesse nazionale, i diritti. No, l’Euro. La moneta, il sistema neoliberale che in essa si cristallizza. Ed ecco che Mario Draghi viene premiato perché fa quello che i mercati richiedono, incarna al meglio la politica. Il tempo del turbocapitalismo, la politica ridotta semplice governance di gestione dei mercati e per i mercati.
Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro