La Finlandia continua a prendere le distanze dalla Russia: alla Nato, si aggiunge il muro di cemento

Così leggo sul Corriere della Sera, in data 21 ottobre 2022: il muro anti-migranti di Sanna Marin: effetto collaterale dell’aggressione russa. In sostanza, il Corriere della Sera discute di questo nuovo progetto finnico, della creazione di un muro o comunque di un recinto ben sorvegliato per proteggere i confini della Finlandia contro la Russia, contro quella Russia che ovviamente per la Finlandia ormai figura a tutti gli effetti come un nemico in piena regola. Se è vero, come è vero che la Finlandia ha chiesto di entrare a far parte della Nato proprio per poter fronteggiare quella che individua come una potenza nemica, e poi anche, per, questa è la seconda funzione del muro contenere l’eventuale arrivo di migranti e profughi in fuga dalla Russia stessa. Da notare anzitutto il fatto che il Corriere della Sera subito metta le mani avanti e per difendere in qualche modo una protagonista della politica liberal progressista, indubbiamente cara all’ordine mentale egemonico, spieghi che è vero che la Finlandia si accinge o comunque progetta un muro, ma lo fa non certo per volontà sua, semplicemente come reazione obbligata. “Effetto collaterale” l’espressione non casuale impiegata dal Corriere della Sera per reagire dunque all’aggressione russa. In ultima istanza, dunque, ci suggerisce, nemmeno troppo obliquamente, il sempre puntualissimo, ideologicamente parlando, Corriere della Sera. La causa e la colpa di questo nuovo muro che presto potrebbe sorgere va ascritta ancora una volta alla Russia di Putin, la Russia di Putin che così tanto per cambiare figura una volta di più nell’ordine del discorso, come la causa e la radice di ogni male, perfino del muro che la Finlandia ora si accinge a innalzare.

Ora la presenza di questo nuovo muro, o recinto o barricata che sia, ci permette di svolgere alcune pur impressioniste e a volo d’aquila, alcune considerazioni intorno ai processi della globalizzazione infelice che stiamo vivendo, nostro malgrado. In primis, la globalizzazione non coincide semplicemente con lo spazio liscio, l’open space della libera circolazione delle merci e delle persone mercificato. Dunque la globalizzazione non si esaurisce nello sconfinamento dei capitali, che pure è parte essenziale del fenomeno della globalizzazione. La globalizzazione presenta anche al proprio interno il moltiplicarsi di muri. Anzi, mai come dopo il 1989 si sono moltiplicati i muri. Quasi come se i frammenti del Muro di Berlino, quando fu picconate alludessero non alla fine dei muri, ma al loro moltiplicarsi prismatico quale si verificò effettivamente dopo il 1989. Il muro, dunque, fa parte a tutti gli effetti della globalizzazione. Ne è l’altra faccia. Il vecchio Lukacs avrebbe proprio parlato probabilmente di opposizione in solidarietà, antitetico polare, di muri e sconfinamento che sono fenomeni opposti ma che egualmente disegnano l’orizzonte di senso della globalizzazione, dove tutto può e deve circolare a seconda degli interessi del capitale o può e deve essere bloccato financo coi muri, quando sia egualmente nell’interesse del capitale.

Tra l’altro il muro, come lo sconfinamento, è negazione del confine, perché il confine fa valere una relazione tra i diversi nella misura in cui li distingue e li pone in contatto Cum finis, è il luogo in cui finisce un ente e ne inizia un altro e si da la relazione possibile tra i due. Il muro, in quanto confine verticalizzare o ispessito, fa valere la logica disgiunta, nega ogni relazione e quindi dissolve, proprio come lo sconfinamento, l’idea stessa di una relazione possibile tra i diversi. Lo sconfinamento perché impone il medesimo, facendo venir meno ogni distinzione, ogni confine, il muro dacché innalza tra le due parti la verticalità in calcestruzzo che impedisce ogni relazione egualmente. Ecco dunque che la globalizzazione capitalistica ci pone di fronte a questa contraddizione. Peraltro, curiosamente, quando i muri vengono innalzati da taluni, come Trump, sono condannati, quando invece sono innalzati dagli aedi del liberal progressismo come Sanna Marin sono celebrati quasi si trattasse di muri fucsia o arcobaleno a fin di bene, dunque, o comunque positivi. Tra l’altro ci sono anche degli effetti paradossali se pensate che il Muro del Messico, detto anche il muro della vergogna, venne accettato, comunque, poco si disse di esso, quando fu fatto da Bill Clinton. Divenne invece scandaloso nel discorso pubblico quando venne proseguito da Donald Trump. Effetti paradossali della nostra globalizzazione, della miseria, in effetti.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro