Unione Europea sempre più nei guai, disorganizzata, fatiscente. Le accuse che in questi anni gli esponenti sovranisti fanno alla sovrastruttura europea trovano esempio pratico ed emblematico nella borsa che dovrebbe decidere i prezzi di fornitura del gas a quasi tutto il continente.
Parte, come sapete, tutto dalla borsa di Amsterdam. I controlli, secondo regolamenti, sarebbero dovuti essere stringenti e i contratti stipulati cristallini, con precisi limiti e rigorosi controlli, includendo la facoltà di sospendere i trader e le contrattazioni qualora la volatilità dei prezzi fosse eccessiva.
Ebbene, nulla di tutto ciò è accaduto al Ttf (il Title Transfer Facility di Amsterdam). Lo si evince nel non-paper stilato da funzionari della Commissione che hanno redatto 17 pagine in vista dell’inutile consiglio straordinario dei ministri dell’energia del 9 settembre. Le conclusioni, nero su bianco, rappresentano sostanzialmente un’accusa – o un mea culpa – perché “l’attuale parametro di prezzo del gas, noto come Ttf, è collegato a un mercato relativamente piccolo e basato su gasdotti, che non riflette l’attuale realtà nell’Ue“.
Ma la pietra tombale sulla colpa evidente dell’Unione Europa in questa gigantesca speculazione la pone il ruolo di Gazprom, multinazionale russa, controllata dal Governo della Federazione Russa, attiva nel settore energetico-minerario e – attenzione – uno degli operatori del mercato virtuale olandese.
In sostanza mentre facevamo le sanzioni, Gazprom potrebbe aver avuto un ruolo nei rincari, godendo di influenza infinita su un indice che decide i principali contratti di fornitura europei. Contratti che, guarda caso, sono maggiorati. Nel non paper si evidenzia infatti come i valori del Ttf siano del 30% superiori alla media dei prezzi registrati nei punti di scambio virtuali del gas di paesi come Inghilterra, Francia e Spagna (NBP britannico, Peg francese o PVB iberico). La “svista” (?) dell’UE è macroscopica.
Abbiamo chiesto chiarimenti all’eurodeputato Antonio Maria Rinaldi a ‘Lavori in Corso’.
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