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Gli USA si scontrano con la realtà: la Russia non è una Libia o un Iraq qualsiasi

Qualche giorno addietro così titolava Il Fatto Quotidiano: “Lo scopre anche Biden: con Putin meglio trattare”. Sì, un titolo preciso che coglie nell’essenziale la verità delle cose. In effetti gli Stati Uniti d’America si erano illusi probabilmente di poter trattare la Russia alla stregua di una Libia o un Iraq qualsiasi. Come sappiamo, l’imperialismo Made in Usa è quello che sempre si ammanta della retorica nobilitante dei diritti umani e della democrazia missilistica d’asporto per produrre imperialismo e aggressioni, interventismo umanitario e bombardamenti etici, per ricorrere a voluti ossimori.

In effetti, dall’89 ad oggi, la storia è presto tracciata. È quella dell’imperialismo statunitense che pretende di annettere sotto la sua bandiera l’intero mondo, di fatto conquistandolo manu militari grazie alla retorica dell’ interventismo umanitario dei diritti d’asporto a cui anche le sinistre fucsia hanno aderito abbandonando la sacrosanta lotta contro l’imperialismo che caratterizzò la sinistra comunista nel 900.
Ebbene, la Russia tuttavia, come anche, e ancor più, la Cina rappresentano due baluardi, due bastioni di resistenza, due fortilizi di opposizione rispetto alle politiche scellerate dell’imperialismo statunitense, sicché ora Biden sta scoprendo – meglio tardi che mai – che con Putin, e dirò di più, con Xi Jinping su misura non minore, occorre necessariamente trattare.

Dacché si tratta, questo sono la Russia e la Cina, di due colossi sovrani sul piano economico, politico, geopolitico e financo militare, sicché si tratta di trattare. Forse arriva un poco tardi questa consapevolezza, messa a tema dal Fatto Quotidiano, se è vero come è vero, che finora l’arcobalenico vegliardo Joe Biden ha continuato a trattare anche retoricamente Putin come se fosse un qualsiasi Gheddafi o un qualsiasi Saddam Hussein appellandolo senza ritegno “un macellaio”, dicendo senza perifrasi edulcoranti che la Russia doveva essere piegata e il Cremlino doveva essere, né più né meno, che ridotto a dependance dell’ordine whashingtoniano.

Ora forse gli Stati Uniti stanno un poco alla vota apprendendo che la Russia è una potenza, oltretutto una super potenza appoggiata e difesa dalla Cina, come se appunto “l’orso” russo e “il dragone” cinese insieme avessero prodotto una cordiale intesa, anzitutto sperimentata prima, in grado di opporre una resistenza sempre più palese all’imperialismo statunitense.

Non sappiamo se questa presa di consapevolezza riuscirà davvero ad arrestare questa guerra che pare ormai sempre più vicina. Per inciso, nei giorni scorsi, la più grande portaerei nucleare, la Gerald Ford, la più grande al mondo, ha fatto il suo ingresso nel Mediterraneo, segno oltretutto che la scala che ci sta portando verso la guerra nucleare è sempre più pericolosamente imboccata.

Insomma, non sappiamo davvero quali saranno davvero gli sviluppi, una cosa è certa: il guitto Zelensky, attore Nato, continua a recitare il ruolo che gli è stato assegnato da Washington, anzi da Hollywood, quello da agente provocatore, come usa dire, facendo quel che sta facendo, negando ogni voluntas di negoziato e addirittura, come è stato detto nelle ore scorse, bombardando il ponte che collegava la Crimea alla Russia. Insomma, situazioni sempre più tese che sembrano preludere a uno scontro militare-nucleare, sotto ogni profilo pericolosissimo, anzi, dirò di più, catastrofico per l’umanità tutta.

Eppure basterebbe prendere consapevolezza del fatto che ci sono blocchi autonomi: quello americano, ma anche quello russo e quello cinese e basterebbe che ciascuno rispettasse le sfere d’influenza altrui, cosa che invece gli Stati Uniti non sono in grado di fare dacché, lo sappiamo, si sentono investiti da una special mission che fa sì che il popolo più importante, “l’unica Nazione indispensabile” come disse Bill Clinton, “la nazione eletta da Dio”, come disse Bush junior. Insomma, con gli Stati Uniti è sempre difficile trattare dacché essi considerano se stessi la potenza più grande, l’unica titolata ad esistere. Basterebbe invece riconoscere gli equilibri, riconoscere un mondo multipolare per far sì che la guerra venisse meno e si stabilissero delle relazioni basate sull’equilibrio delle forze.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro

Diego Fusaro

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