C’è chi, non potendo lavorare in Italia a causa dell’obbligo vaccinale, è dovuto espatriare per guadagnarsi da vivere. E’ il caso del dottor Marco Maggi, che prima della pandemia ha lavorato per 45 anni come odontoiatra nel modenese. Poi, il suo rifiuto di vaccinarsi lo ha portato alla sospensione da parte dell’Ordine dei Medici e alla decisione di seguire la moglie e la figlia di lei in Brasile in cerca di un altro impiego. “Non posso esercitare medicina e odontoiatria qui, perché ho bisogno di una equipollenza per esercitare in Brasile (come peraltro succede anche a parti invertite)“, commenta Maggi. “Dopo 45 anni di attività ho dovuto smettere perché ho rifiutato la vaccinazione. Sono stato sospeso nel luglio 2021 e da allora non ho potuto lavorare. Ho perso non solo guadagni, ma anche clientela. Inoltre, riscontro una problematica morale: non credo sia giusto quanto successomi, anche alla luce delle conoscenze attuali. Tuttavia, ho altre attività personali nel Paese, dove attualmente sono anche mia moglie e sua figlia“.
Quarantacinque anni di onorevole carriera in ostaggio di una libera scelta. Sono tante le storie come la sua: di fronte a chi dice “chiudiamo la questione Covid con una pacificazione“, è davvero difficile chiederlo a queste persone. Peraltro, anche in Brasile le cose sembrano destinate a cambiare. Lula, anche se di poco, ha sconfitto Bolsonaro ed è tornato presidente del Paese. Tra le nuove misure, pare manterrà alcuni ammortizzatori sociali voluti dal suo predecessore. In particolare, Auxilio Brasil, un aiuto da 600 reais (la moneta locale) al mese, più 150 per ogni figlio sotto i sei anni, un supporto destinato alle famiglie bisognose. Lula, però, l’ha condizionato alla vaccinazione e altre misure come la frequenza scolastica.
“La mia è stata una decisione sofferta ma guardo il bicchiere mezzo pieno: la pandemia mi ha messo in condizione di studiare di nuovo tantissimo, e con questo ho trovato molte motivazioni. Vivo la mia vita qui e sto molto bene, ma se in Italia manterranno quanto hanno detto, e del resto ho riavuto anche l’ammissione al lavoro da parte dell’Ordine dei Medici, entro un paio di mesi rientrerò a Modena per lavorare“. Tornare, sì, ma con quale stato d’animo? “Io ho 75 anni, ne ho viste di tutti i colori, non serbo rancore. Sarei pronto a ricominciare anche subito. Sono sereno anche perché sono un libero professionista: mi confronto solo con me stesso. Immagino che chi lavora nel pubblico, che magari si trova a contatto con persone che vogliono mettersi una spilletta con scritto ‘io non sono vaccinato’ possano avere quel tipo di difficoltà. Ma tutti i miei pazienti sanno le mie posizioni e hanno deciso comunque di continuare di farsi seguire o meno in libertà. Quindi non avrei problemi a mettere eventuali spillette. Non mi sono mai ammalato, mi faccio esami ematologici abitualmente e non avrei mai potuto contagiare nessuno dei miei pazienti“.
Non tutti, però, hanno la sua stessa fortuna, e spesso sono stati costretti a seguire le imposizioni dello Stato. “Molti miei colleghi hanno dovuto vaccinarsi per sopperire a situazioni contingenti. Penso ai più giovani, che hanno dovuto per forza di cose adeguarsi, altrimenti non avrebbero potuto pagare i mutui o crescere i figli, magari correndo anche rischi notevoli. Mi ha stupito il comportamento degli Ordini, che non potevano non sapere. Hanno scelto una strada consapevoli di sbagliare. Molti lo hanno fatto per motivi ideologici o per paura. Non hanno voluto mettersi in discussione con se stessi: solo attraverso la discussione e la conoscenza si poteva avere un atteggiamento diverso. Sono iscritto all’Ordine dei Medici per essere tutelato, non per esserne allontanato per non aver ottemperato a una operazione vaccinale francamente discutibile“.