Pochi giorni fa è uscito “La storia siamo noi – I mondiali raccontati dai protagonisti”, il nuovo libro di Paolo Valenti che, con originalità e acume, ripercorre la storia della Coppa del mondo di calcio dalla prima edizione del 1930 ad oggi. Ne abbiamo parlato con lui per conoscere questo testo che può aiutarci a comprendere meglio quello che succederà in Qatar a partire dal 20 novembre.
Paolo, dopo “Da Parigi a Londra” ecco “La storia siamo noi”. Non riesci proprio a fare a meno di raccontare la storia dei grandi eventi di calcio che riguardano le nazionali…
E’ vero, i Mondiali come gli Europei hanno esercitato un grande fascino su di me sin da quando ero bambino. Pensa che a dieci anni avevo già letto diversi libri che parlavano del calcio internazionale: la Coppa del mondo, l’Inter di Herrera, la storia di Pelé facevano già parte delle mie prima conoscenze calcistiche. A scuola mi piaceva studiare la storia, capire le dinamiche del passato che avevano portato il presente a essere come lo vediamo. Se a questo unisci la passione per il calcio, il risultato non poteva essere diverso dai libri che ho scritto.
Cos’ha di diverso “La storia siamo noi” rispetto agli altri libri sulla storia dei mondiali di calcio che sono stati scritti fino ad oggi?
Ovviamente non poteva essere un libro come gli altri. Per trovargli un posizionamento adeguato ho cercato di proporre uno schema originale che, più che sulla cronologia delle partite, che comunque sono riportate, si focalizzasse sulle situazioni meno conosciute che sono accadute dal 1930 ad oggi. Ho cercato, quindi, di dare evidenza a diversi aneddoti: piccoli segreti relativi a giocatori e squadre, motivazioni di alcune scelte, curiosità statistiche, anche qualche gossip. E poi le interviste ai protagonisti, coloro che hanno fatto la storia dei mondiali: è da qui che è nato il titolo del libro.
Chi hai intervistato?
Ogni mondiale ha la sua intervista, anche quelli delle prime edizioni. Ovviamente ho dovuto fare un lavoro di ricostruzione delle fonti: ho raccolto le dichiarazioni che i giocatori avevano rilasciato in passato relative alla loro partecipazione ai mondiali, le ho assemblate e riproposte sotto forma di domande e risposte. Questo per i mondiali più remoti. In presa diretta sono riuscito a parlare con Altafini, Mazzola, Zoff, Tardelli, Albertini, Toldo, solo per citarne alcuni. E ho voluto andare un po’ oltre i nostri confini intervistando due grandi top player della nazionale argentina: Mario Kempes, capocannoniere dei mondiali del 1978 e Javier Zanetti, l’attuale vicepresidente dell’Inter.
Dando un’occhiata alle pagine del libro ho notato che ogni capitolo si chiude con una sorta di rassegna stampa.
Esatto, è uno degli elementi originali che ho cercato di dare a questo lavoro: alla fine del racconto di ogni mondiale ho voluto andare a riprendere i titoli dei giornali e gli estratti degli articoli firmati dai migliori giornalisti sportivi italiani che sapevano dare al meglio resoconti e commenti di ogni singolo campionato. Un “deep dive”, come oggi si usa dire, che permette di rivivere appieno l’atmosfera di ogni singola manifestazione.
Alla fine del libro c’è anche un’intervista al Presidente federale Gravina. Puoi anticiparci cosa ti ha detto?
Beh, essendo una delle parti più interessanti del libro non vorrei anticipare troppo… Posso dirti che col Presidente, più che sul passato, ci siamo focalizzati sul futuro della nazionale. E sono anche riuscito a carpirgli qualche cosa che riguarda il suo essere tifoso ma non voglio rovinare la sorpresa a chi vorrà leggere il libro.
A proposito di mondiali, non posso esimermi dal farti una domanda sull’attualità: cosa pensi delle polemiche che sono state sollevate in questi giorni sulla Coppa del mondo in Qatar?
Credo che si faccia bene a discuterne, a prescindere dalle raccomandazioni che ha dato Infantino nei giorni scorsi che invitavano tutti a parlare solo di quello che accade e accadrà sul campo. Io penso che non si possa avere la botte piena e la moglie ubriaca: la Fifa ha fatto il suo affare dando l’organizzazione del mondiale al Qatar ma non può chiedere alla stampa internazionale di non parlare di tutto quello che c’è stato dietro a questa decisione, dall’assegnazione alle condizioni dei lavoratori che hanno costruito le location per ospitare l’evento fino al rispetto dei diritti civili. Il calcio non è mai stato un’isola felice disconnessa dal resto del mondo né mai lo sarà. Io penso che possa e debba essere uno strumento per sollecitare la discussione e accendere l’interesse su questioni così rilevanti, che possa contribuire al cambiamento positivo della società.
Paolo Marcacci