Diciamo che i qatarioti, o qatarini come preferisce dire Infantino, sono rimasti in partita fino…alla fine degli inni nazionali. L’Ecuador di Gustavo Alfaro li ha subito puniti per poi frustrarli con un palleggio che li ha praticamente estromessi dalla una partita sul cui livello tecnico c’è poco da dire, anche perché come contesa non è praticamente esistita, su quello estetico preferiamo soprassedere. Ridateci Ascoli – Crotone, o giù di lì.
Del resto eravamo pronti al fatto che la partita di oggi sarebbe stata il contorno dell’evento clou, ossia della presentazione sfarzosa, un po’ velata, finanche cammellata; con l’intento di veicolare messaggi di pace, fratellanza, accoglienza (soprattutto turistica, verso i miliardari che possono permettersi un soggiorno del genere), una sorta di strano ecumenismo in salsa petrolifera proiettato verso l’universale nella speranza di sublimare in questo modo ogni imbarazzo locale: come se la cerimonia stessa dovesse rappresentare la traduzione pratica del discorso urbi et orbi (soprattutto orbi, di tanto spiro, in un Mondiale fondamentalmente senz’anima) di Infantino, il cui cognome rievoca evidentemente l’infanzia piena di vessazioni alla quale ha accennato ieri. Sembra che addirittura gli lanciassero brioches semplici, non farcite, quando da ragazzino interpretava Rosso Malpelo, come ha ricordato. C’è da dire che il colpo di teatro c’è stato, con un gigante come Morgan Freeman. Ma non free woman.
A proposito: bella la foto di Messi e Cristiano Ronaldo che giocano a scacchi sopra la valigetta griffata. Io però come interpreti avrei visto meglio Mancini e Ventura, che hanno molto più tempo per pensare.