C’è stato un tempo in cui l’artista poteva essere libero sotto ogni punto di vista. In cui essere critici verso la linea atlantista era lecito senza ripercussioni in termini di visibilità. Forse perché si conosceva bene quello che era accaduto solo da una manciata d’anni e si aveva più consapevolezza del fatto che criticare lo status quo non significasse essere “filorusso”, filonazista o nostalgico.
Grazie a questa consapevolezza sono nate performance e monologhi celebri. Passi che hanno fatto la storia non troppo riproposti in un presente in cui il controllo del dissenso è ben più manicheo. Giorgio Gaber rientra appieno in questa definizione.
Si chiamava “America: libertà obbligatoria” l’estratto di un ben più esteso spettacolo rigorosamente conservato in documenti video, come esplicitamente voluto da Gaber, che ne “Il Signor G” testimonia con efficacia tutto il suo Teatro-Canzone.
“A noi ci hanno insegnato tutto gli americani. Se non ci fossero gli americani a quest’ora saremmo… europei“: esordisce così una lunga critica satirica verso gli USA e la loro lunga influenza post-bellica sull’Europa.
Un’influenza che non ha mai mollato la presa sul vecchio continente, per di più senza neppure regalare come effetto collaterale una delle poche primizie portate da un conquistatore: “La cultura”.
“La cultura… ah no“. L’eterno ritorno di questa formula scandisce tutto il monologo gaberiano più volte, quasi come un martello che inchioda i postulati della narrativa filoatlantista.
Il tutto per arrivare a una conclusione che oggi farebbe scandalo, ma che non voleva affatto essere offensiva nella sua crudezza, ma semicomica e irriverente come solo Gaber sapeva: “E poi ponti, autostrade, grattacieli, aerei… Chewing gum. Non c’è popolo più stupido degli americani“.
Il commento a ‘Un Giorno Speciale’ di Fabio Duranti e Diego Fusaro.
Home Cultura