Si discute incessantemente, con toni molto spesso livorosi, intorno alla vicenda del Qatar, in particolare in relazione a quello che è stato appellato significativamente il Qatargate. La vicenda riguarda le mazzette o, se preferite, le valigette di contanti che sono state trovate presso alcuni esponenti di punta delle politiche dell’Unione europea. Questa vicenda ci permette di svolgere alcune considerazioni generali, impressionistiche, sull’Unione Europea e sulla situazione generale che la sta attraversando. Cade, credo definitivamente, il mito di un’Unione Europea perfetta, basata su ligi professionisti, avulsi dalle passioni e di rigorosa fede nel progresso. L’Unione Europea rivela di non essere esente dalla corruzione, da quella corruzione che pensava ideologicamente di confinare nei soli paesi dell’area mediterranea, tra cui l’Italia, non ancora giunti a una piena maturazione, non ancora divenuti parte integrante di quel progetto grandioso detto Unione Europea, in cui regna ovunque incontrastata la splendente ragione tecnica.
Apprendiamo che l’Unione Europea, oltre che un mostro tecnocratico e repressivo, è anche un mostro che non disdegna le mazzette e le valigette piene di soldi non meglio identificati. Questa vicenda ci insegna come gli stessi che ogni giorno vanno ripetendo che bisogna lottare contro il contante, sono gli stessi che si battono contro il nostro contante, non certo contro il loro. Se è vero, come è vero, che sono stati trovati già 1,5 milioni di euro in contanti affastellati in valigette che di fatto erano piene, gravide di danaro proveniente da circuiti non propriamente limpidissimi.
Insomma, il danaro contante funziona bene se, e solo se, è funzionale ai progetti di coloro i quali vogliono abolirlo per chi sta in basso. E ciò rivela una volta di più come stia prendendo forma su tutta la linea una società sempre più gerarchicamente strutturata in maniera dicotomica tra il basso e l’alto. Il basso a cui toglieranno presto anche il contante dopo aver già tolto molte altre cose, e poi l’alto, che impunemente può fare tutto quel che vuole. Il populismo nella sua dinamica più generale è la protesta che dal basso si dirige verso l’alto, è la sfiducia che le classi nazionali popolari lavoratrici hanno verso l’establishment, verso la politica dall’alto, verso l’autogoverno dei ceti dominanti. Ecco perché il populismo, in realtà, reclama a gran voce il ritorno della politica intesa come principio di sovranità popolare, cioè di democrazia.