Quella che commenterò con voi oggi è una notizia che non desta troppo stupore in verità, è una notizia financo prevedibile sotto alcuni punti di vista ed è la notizia che abbiamo appreso nelle ore scorse, secondo cui Zelensky è stato nominato persona dell’anno dal Financial Times. Ebbene sì, il guitto dei guitti Zelensky, attore Nato, prodotto in vitro a Washington, se non a Hollywood, è stato nominato persona dell’anno secondo il Financial Times. “Incarna la resilienza e il coraggio del suo popolo contro l’aggressione russa ed è diventato un alfiere della democrazia liberale nel più grande confronto globale contro l’autoritarismo del ventunesimo secolo” scrive il Financial Times, dice ANSA, dicendo che si è conquistato un posto nella storia per la sua straordinaria dimostrazione di leadership e forza d’animo.
Ora mi siano consentite alcune precisazioni che ritengo necessarie e doverose, anzitutto non sfugga la parola resilienza, che viene utilizzata non per caso dal Financial Times. La parola resilienza come più volte abbiamo provato ad adombrare è una delle parole chiave del lessico neoliberale, parola con la quale si esorta nei dominati a sopportare in silenzio facendo di sopportazione virtù e di fatto educandosi a modificare se stessi, per farsi più adattivi rispetto a un ordine delle cose giudicate immodificabili. Se “there is no alternative”, come ripetono le grammatiche neoliberali, bisogna modificare non il mondo che per definizione è immodificabile, ma noi stessi, quindi sopportando il mondo. Primo punto.
Per quel che riguarda il secondo punto, Zelensky viene celebrato dal Financial Times come paladino della democrazia e della libertà. Sì proprio lui che ha chiuso i partiti di opposizione, proprio lui che ha imposto il canale unico televisivo, proprio lui che ha posto in essere delle restrizioni pesantissime per la Chiesa ortodossa, di fatto andando a ridimensionare la libertà di culto.
Ebbene questo soggetto, che da un punto di vista non ideologicamente connotato andrebbe connotato: come un despota, come un nemico della libertà, come un dittatore per usare un espressione molto in auge; invece viene, dai rotocalchi patinati dell’ordine neo liberale, celebrato come un eroe della libertà e della democrazia. Ci troviamo al cospetto di una classica inversione orwelliana di parole e cose per cui la pace di fatto viene identificata con la guerra, la libertà con la schiavitù e i guerrafondai despoti vengono celebrati come eroi della libertà. “Nihil novi sub sole” per chi abbia letto Orwell naturalmente, eppure le masse teledipendenti e tecno-narcotizzate continuano ad affidarsi agli strateghi della propaganda e quindi a credere a ogni menzogna che viene contrabbandata come verità su cui non è dato dubitare, pena l’essere sconfessati come complottisti e come putinofili e russofili, dato il contesto.
Ebbene non ci stupiamo che il Financial Times celebri il guitto Zelensky, del resto il capitale celebra come propri eroi tutte le maschere di carattere, le “dramatis personae” che siano funzionali e all’ordine stesso della globalizzazione capitalista americanocentrica e questo è indubbiamente il caso. Se è vero come è vero che il guitto Zelensky, abbiamo ripetuto ad nauseam, è un fantoccio liberale atlantista, agitato da Washington e recitante un copione fornito da Washington stessa. Un copione che prevede che egli, il guitto, debba sacrificare il proprio popolo e la terra in nome dell’interesse imperialistico della Nato e degli Stati Uniti, che mirano a far cadere Putin e a produrre in Russia un regime-change funzionale a Washington. Ecco perchè il guitto Zelensky è dal punto di vista americano il personaggio dell’anno.
RadioAttività con Diego Fusaro