La piccola Greta Thunberg, la scandinava che si è intestata già da tempo le proteste per la difesa della natura, e in sostanza quello che ho chiamato in più occasioni l’ambientalismo neoliberale, è stata arrestata in Germania. Proprio così. Mentre stava inscenando una delle sue proteste ambientali, la polizia è sopraggiunta e l’ha portata via insieme ad altri manifestanti. Ora, a tutta prima, sembrerebbe provata la tesi di chi sostiene che Greta Thunberg è scomoda per il potere a tal punto che adesso la gendarmeria la arresta e la porta via. E tuttavia, da una diversa prospettiva, sembra a tutti gli effetti una scena creata ad hoc per confermare l’immagine che il potere vuole dare di Greta Thunberg e quella di una possibile, anzi della sola possibile protesta contro l’ambiente, quella attorno alla quale devono strutturarsi tutte le critiche in difesa dell’ambiente.
Però vi sono due elementi che non devono essere trascurati e che ci permettono di capire come in fondo Greta Thunberg, quand’anche si finga di presentarla come avversata dal potere, rappresenti al meglio la visione dei ceti abbienti, della plutocrazia neoliberale e della sua green economy. Primo punto Greta Thunberg, mentre viene portata via e testimoniato dalle foto, è ritratta con il sorriso stampato sulle labbra. Direi di più, con il sorriso strafottente di chi sa che alla fine vincerà e che anzi, forse passeranno dei guai quelli che l’hanno arrestata. Secondo punto da non trascurare, ed è peraltro connesso al primo: Greta Thunberg, dopo essere stata arrestata, è stata immediatamente rilasciata.
Come volevasi dimostrare è stata tutta una grande sceneggiata, che alla fine fa apparire Greta Thunberg come avversata dal potere e in realtà, tra le righe rivela come ella sia l’icona di un ambientalismo che piace al potere, anzi del solo ambientalismo che piace al potere. Greta Thunberg, infatti, con i suoi Venerdì per l’ambiente propone una sorta di ambientalismo banale e interclassista che non addossa mai le responsabilità della distruzione dell’ambiente ai padroni e che al tempo stesso mai propone come soluzione la fuoriuscita dal capitalismo. Questo è il cuore dell’ambientalismo neoliberale, dove l’ambientalismo stesso diventa fenomeno di business, dove la cura dell’ambiente, lungi dall’essere fine a se stessa, si trasforma in fonte rinnovabile di profitto per il padronato cosmopolitico. Sì, perché se realmente si volesse e sarebbe giustissimo farlo, prendersi cura dell’ambiente, bisognerebbe riconoscere che a devastare l’ambiente è la logica di capitalismo, quella che pensa l’ente nella sua totalità come disponibile per la volontà di potenza tecno capitalistica, potremmo dire unendo le grammatiche di Marx con quelle di Heidegger.
Sicché questa è la conclusione. Per difendere l’ambiente bisogna cambiare modello di sviluppo, uscire dal capitalismo, che è esattamente ciò che i padroni del capitale vogliono in ogni modo evitare. Del resto, come potrebbero mai occuparsi loro dell’ambiente, che sono i primi a devastare? Il paradosso sta nel pensare che a porre fine agli effetti siano coloro i quali coltivano le cause. Ecco perché l’ambientalismo neoliberale di Greta Thunberg piace tanto al padronato cosmopolitico, quello che si mostra a piè sospinto in tutte le sue principali figure, mentre stringe la mano a Greta Thunberg, mentre l’accoglie e la celebra in ogni maniera. Trattamento ben diverso rispetto a quello riservato a chi il potere realmente lo contrasta.
Radioattività con Diego Fusaro.