La Curva Nord è stata chiusa per un turno in seguito agli ululati rivolti al calciatore del Lecce Umtiti, provenienti dal settore ospite, durante la partita Lecce-Lazio. Un provvedimento che vedrà quindi scendere in campo la Lazio in casa con l’Empoli con un settore chiuso. Su questo provvedimento si è espresso il Professore Enrico Michetti: “Un provvedimento abnorme, alle soglie dell’abuso. Il codice di giustizia sportiva si applica a tesserati, atleti, soci, non ai tifosi. L’episodio è accaduto a Lecce, quindi la società Lazio non poteva fare nulla per impedire gli eventi. il provvedimento quindi è profondamente ingiusto, la responsabilità era della società ospitante quindi del Lecce. Se la Lazio è totalmente estranea agli eventi è chiaro che la sanzione non doveva essere comminata“.
Infatti, prosegue Michetti: “Aver rimarcato, perimetrato la responsabilità a un settore determinato è un atto abnorme perché il giudice ha identificato dei soggetti che non poteva identificare. Anche chi non va allo stadio poteva essere nel settore ospiti a Lecce. Un provvedimento punitivo quasi sembra creato ad arte nei confronti della Curva Nord“.
Non tornano i conti su alcune questioni dirimenti della sentenza secondo Enrico Michetti, che aggiunge: “Il razzismo è una forma di violenza, non può essere esaltata solo quando si fa nei confronti di un giocatore di colore. Qui c’è una esagerazione come se si volesse rimarcare una punizione. Se la Curva Nord della Lazio sono 7000 tifosi e lì magari ce n’erano 100 e la metà non ha neanche partecipato, tu che chiudi una curva? E gli altri 6500? Perché stai vietando a una persona che non ha fatto nulla di poter godere di uno spettacolo, è una privazione della libertà“. Ci sono soluzioni alternative alla chiusura di un settore dello stadio, per altro non direttamente coinvolto nelle vicende imputare? Secondo Michetti: “La repressione è una sconfitta per lo Stato, tu devi educare con la cultura, che significa rispetto. Se tu criminalizzi un intero stadio ti stai facendo un nemico. Devi colpire chi ha commesso il fatto“.