Russia fuori dalla cerimonia per la liberazione di Auschwitz: si tradisce la nostra memoria storica

Leggo su Ansa.it: “Russia esclusa dalla cerimonia per la liberazione di Auschwitz. Lo ha annunciato oggi il sito museale“. In sostanza è stato deciso che la Russia non potrà partecipare e sarà dunque esclusa dalla celebrazione della memoria per quanto accaduto ad Auschwitz. Si tratta in questo caso, mi sento di dire, di un cattivo uso della memoria, più precisamente di una trasfigurazione storica della memoria. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Auschwitz venne liberata gloriosamente dall’Armata Rossa e quindi dall’Unione Sovietica, Il 27 gennaio del 1945. Non fu liberata dai carri armati americani come una certa filmografia hollywoodiana, e anche alla Roberto Benigni ci ha mostrato in tempi recenti, No, Auschwitz fu liberata da quell’Unione Sovietica che dal secondo 900 in poi è stata oggetto di criminalizzazione permanente da parte del discorso ideologico capitalistico che non per caso ha assimilato in maniera inaccettabile il Comunismo sovietico al Nazismo, secondo la dottrina dei totalitarismi gemelli.

Ebbene, è una cosa letteralmente che fa rabbrividire quella dell’esclusione della Russia oggi dalla celebrazione della liberazione di Auschwitz. Perché è stata la Russia a liberare Auschwitz. Perché negare questo fatto significa tradire la memoria storica, impedire ai russi, cioè i liberatori, di prendere parte alla celebrazione della Giornata della memoria. Significa per ciò stesso non aver compreso nulla della valenza paideutica della memoria. Significa semplicemente, a nostro giudizio, far valere un cattivo uso ideologico della memoria che incorpora l’orrore del passato in un processo di legittimazione dei rapporti di forza e degli scontri del presente. Un modo per non rendere onore davvero alle vittime di quella tragedia. Un modo per non far valere la valenza buona della memoria, quella paideutica, affinché gli orrori del passato non si ripetano mai più.

Oggi è ufficialmente il Giorno della Memoria, il giorno in cui ci si ricorda degli orrori della Shoah e del valore paideutico che deve avere la memoria, acciocché errori del genere non tornino mai più a prodursi. Diceva il filosofo Adorno che è il senso della memoria, in fondo è uno solo, nel caso specifico, che Auschwitz non si ripeta mai più. Ebbene, a questo riguardo, come ogni anno peraltro, mi permetto di distinguere tra un buon uso della memoria che è un dovere portare avanti e un cattivo uso della memoria, che invece deve essere, in quanto tale, messo in evidenza ed evitato. Il buon uso della memoria, come già ci ha insegnato Adorno, consiste nell’apprendere dal passato, in questo caso dai suoi orrori, per evitare di tornare a compiere, per immunizzarsi rispetto alla possibilità di precipitare nell’errore e nell’orrore. Questa è la valenza paideutica, educativa della memoria.

Vi è poi una valenza negativa, che è quella ideologica, quella di chi utilizza il passato non già per ricordare le vittime e per mettere in guardia rispetto all’accadere di nuovi errori, ma semplicemente per incorporare le vittime e le sciagure all’interno di un processo ideologico teso a giustificare l’ordine del presente. E, ad esempio, l’atteggiamento di chi dice che poiché in Europa ci fu il Nazismo, bisogna ricordarlo semplicemente per giustificare la permanenza illimitata nel territorio europeo di chi dal Nazismo ci ha liberati. Gli Stati Uniti d’America. Questo è un cattivo uso della memoria, quello che definisco l’uso ideologico. E a questo proposito voglio far valere un punto di criticità rispetto al nostro presente. Consideriamo il fatto che in questa giornata della memoria è accaduta una cosa davvero irrituale.

Radioattività con Diego Fusaro Lampi del pensiero quotidiano