Ormai sembra che qualsiasi cosa dica Zelensky sia da applaudire. Parla e tutti ad applaudire. E invece io penso che Zelensky, nel momento in cui ha attaccato frontalmente Silvio Berlusconi, ha commesso un gravissimo errore politico.
Intanto perché ha messo in imbarazzo il Presidente del Consiglio italiano, nella cui maggioranza di governo c’è anche Forza Italia e quindi c’è anche Berlusconi. E poi anche perché sembra quasi che non si possa avere un punto di vista politico diverso da quello mainstream, da quello in cui Zelensky docet o impera.
Allora io penso che le parole di Silvio Berlusconi siano un punto di vista politico diverso e neanche così isolato.
Ora, pensare che il Cavaliere debba essere “adottato” soltanto da coloro che nella sua fase politica lo hanno attaccato frontalmente. Penso a Santoro, penso a Vauro, penso a quei pezzi della sinistra antagonista.
Credo che sia anche anche qui un errore, perché nella componente culturale di centrodestra non si deve avere il coraggio di dire “Berlusconi ha avuto ragione”?
Le parole di Berlusconi sono parole che io personalmente condivido. E io non sarei andato a parlare con Zelensky. Avrei tentato di costruire un’altra via che è politica, che è quella della mediazione. E lo ribadisco per l’ennesima volta: nella via diplomatica della mediazione non puoi non parlare con Putin, perché noi stiamo andando verso ormai una divisione drammatica pericolosa delle posizioni in campo dove su sulla Russia converge la Cina e sull’Ucraina converge l’America, non l’Europa perché anzi, questa non esiste.
L’Europa sta andando in ordine sparso: ogni Presidente del Consiglio va.
Invece come avete visto, proprio in maniera plastica Biden, quindi l’America, si è messo accanto all’Ucraina. E vuol dire che quindi è andato a difendere degli interessi.
Allora se l’Europa non c’è, quindi, qui lo dico, per l’Italia converrebbe che ognuno costruisse una ipotesi di mediazione e su quell’ipotesi si disegnasse un ruolo. Il ruolo dell’Italia è un ruolo che geograficamente viene assegnato quasi naturalmente perché siamo centrali nel Mediterraneo e il processo di mediazione non può non passare attraverso un riconoscimento della posizione geopolitica del Mediterraneo.
Ma tanto ormai il giornalismo e la politica lo vediamo quale tessuto, quale fibra è: una fibra inconsistente.
Ma noi possiamo perdere due giorni di dibattito sulle dichiarazioni di La Russa? Ma chi se ne frega delle sue opinioni personali, sull’ipotesi di un figlio gay.
Allora scusate, visto che qualcuno dice “si deve dimettere per le parole che ha detto”: se si deve dimettere lui per una opinione, allora che cosa dobbiamo pretendere dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen, che nasconde gli sms di scambio con l’amministratore delegato di Burla? Il cuore della trattativa dei contratti di fornitura di forniture di vaccini.
Qui stiamo parlando di cose il cui peso è decisamente ed incredibilmente diverso.
E dov’è l’Europa? Perché l’Europa non si pone la domanda: “qual è il motivo per cui non si parla più di quella cosa?”
Allora io voglio parlare di fatti che ci sono stati: il Presidente dell’Unione Europea nega l’accesso e la verità sulle forniture dei vaccini.
Vuol dire che dentro quel contratto ci sono delle delle parole chiave, ci sono degli articoli, ci sono dei pezzi di quel contratto che sicuramente mettono al riparo le multinazionali del farmaco.
E oggi lo vediamo che cosa vuol dire per loro avere una manleva assoluta.
Così come non si può non discutere anche nelle istituzioni europee, quindi nell’Europarlamento, di quello che è lo scoop del premio Pulitzer e cioè delle responsabilità dell’America rispetto al danneggiamento irreparabile del Nord Stream.
Perché era anche attraverso quel gasdotto che arrivava in Europa una parte del gas della Russia.
Di questo bisogna parlare.
Il giornalismo italiano invece ha paura di parlare di queste cose, quindi appiccica etichette in modo che il dibattito finisca in una specie di grande magma di tante parole.
Io voglio parlare dei fatti, vorrei un giornalismo responsabile, vorrei una politica responsabile rispetto a questi.