La situazione sanità in Italia è sempre una questione delicata.
Una questione su cui vanno fatte costantemente alcune riflessioni, soprattutto dal Covid in poi: ricordiamo come si discuteva di terapie intensive e posti letto. Ricordiamo il tanto citato Recovery Fund, che intanto è diventato il PNRR: l’UE aveva preparato questo piano di finanziamenti nel bel mezzo di un periodo non facile per la sanità italiana.
191,5 miliardi di euro pronti a risollevare la situazione.
Peccato che la maggior parte di questi fondi, ben 59,47 miliardi, vanno alla cosiddetta “rivoluzione green”.
Altri 19,81 miliardi vanno al tema dell’inclusione e della coesione.
Chi si trova all’ultimo posto nella fila della ripartizione? Sì, la sanità con i suoi 15,63 miliardi, come conferma il MISE.
“Noi abbiamo assistito negli ultimi vent’anni ad un taglio continuativo dei posti letto della medicina territoriale” – commenta il dottor Vittorio Agnoletto, politico e medico. “Basti ricordare che nel 1981, quindi tre anni dopo l’approvazione della riforma sanitaria, in Italia c’erano oltre 500 mila posti di letto pubblici.
Quando è arrivata la pandemia, noi eravamo a poco più di 200 mila posti.
Quindi è chiaro che c’è stato un taglio continuo. E d’altra parte aumentano i posti letto per il privato“.
Proprio in merito alla differenza tra sanità pubblica e privata, il dottor Agnoletto racconta: “Sono stato sollecitato da una cittadina che mi ha contattato: è dall’ottobre del 2020 (1300 giorni circa di attesa) che è in lista per fare una colecistectomia.
E al San Raffaele di Milano continuano a dire che deve aspettare in lista d’attesa“.
Ma non finisce qui.
“La cosa più incredibile è che la signora ha chiesto spiegazioni e le hanno risposto che pagando 7500 euro per l’intervento, non ci sarebbero state liste d’attesa. Ed è scandaloso che il problema quindi non sia di disponibilità, ma di soldi: un problema economico.
Ecco perché abbiamo chiesto intervento all’assessore regionale Bertolaso.
Il problema è che si tratta di una situazione nazionale: ci arrivano segnalazioni da tutta l’Italia.
Non deve essere la questione economica a differenziare chi può curarsi e chi non può curarsi, altrimenti torniamo all’800.
Nessuno interviene perché non c’è volontà politica“.