L’utero in affitto è una questione che sta suscitando sempre più polemiche. Nonostante sia una pratica medica legalizzata in alcuni paesi, in Italia rimane ancora illegale. La motivazione principale è che la sua liberalizzazione, porterebbe a una mercificazione del corpo della donna e a un business nel quale i bambini diventano oggetti. Sull’argomento si è espressa anche l’autrice Enrica Perucchietti, che nel 2016 scrisse un libro proprio su questo tema:
“È una moderna forma di schiavitù. Anche quando si cerca di parlare di una specie di mistica sacrificale, dove ci sarebbero queste donne che si sacrificano per concedere a coloro che non possono avere figli di averli. Queste sono tutte balle. Si è fatto passare l’idea che esista il diritto a priori di aver figli, si sta confondendo i capricci con altro. Gli unici diritti che dovrebbero essere tutelati, a mio dire, sono quelli dei bambini. Il bambino è invece il non protagonista su questa scena, è l’unico soggetto che dovrebbe essere tutelato e che invece è completamente silente“.
Anche Francesco Borgonovo ha dato il suo parere sulla vicenda, cercando di spostare il punto sull’evoluzione politica e sulle origini, di questa pratica:
“Ci sono anche i cambiamenti culturali in gioco. Noto dei cortocircuiti pazzeschi. Questa cultura di sinistra progressista liberale, è andata avanti per anni a combattere la maternità, a dire che la maternità era un fardello per le donne, che era qualcosa di cui liberarsi. Se ci fate caso, quest’idea dell’utero in affitto nasce da questa cultura. Dicevano di voler essere libere di vivere senza avere questo fardello. Questa cultura che per decenni ha combattuto la maternità, ha detto alle donne che era meglio se non facevano figli e ora ci rivende il diritto di diventare genitori. Non c’è nessuno che ha il diritto di diventare genitori. Qui non è questione di omosessuali o eterosessuali, il punto è che nessuno ha il diritto di avere figli. Hai se mai, la possibilità di averli o puoi avere la fortuna di averli“.