Dobbiamo difenderci, l’identità dell’Italia passa anche dal “No” alla carne sintetica

Nel pur doloroso e sofferto clima che stiamo vivendo, il tempo della crisi permanente vi sono talvolta, pur raramente, alcune notizie positive che occorre trasmettere con giubilo e quasi con sollievo rispetto a una situazione che, per altri versi, appare letteralmente disperante. A questo riguardo, possiamo per una volta dare una notizia positiva e commentarla insieme. L’Italia è riuscita, almeno per ora, nell’ardua impresa di bloccare la carne sintetica. Come senz’altro saprete, la carne sintetica in molte parti del mondo, viene già utilizzata come se fosse la cosa più normale, e ciò per altro, con una prospettiva nemmeno troppo difficile da immaginare. In futuro, secondo i desiderata dei pedagoghi del Globalismo, i precettori della liberalizzazione integrale del pianeta, si mangerà solo carne sintetica. Proprio così, i pedagoghi del Globalismo e gli architetti del Neoliberismo si stanno stracciando le vesti letteralmente per questa scelta a loro giudizio inammissibile presa dall’Italia.

I pedagoghi del Nuovo Ordine gastronomico mondiale vorrebbero infatti imporre non solo un pensiero unico politicamente corretto ma anche in guisa di completamento, un piatto unico gastronomicamente corretto. Basti considerare il fatto che “Wired”, giornaletto di saldissima fede neoliberale globalista e atlantista si spinga a sostenere in un gustoso articolo che con questa scelta di bocciare la carne sintetica, l’Italia si è data la zappa sui piedi. Sic, proprio così, secondo i precettori della mondializzazione gastronomicamente corretta, l‘Italia avrebbe magari dovuto anche rinunziare con euforia per sempre alle carni piemontesi e toscane per consacrarsi alla nuova delizia della carne sintetica, vertice insuperato del gastronomicamente corretto e della tecnicizzazione che non risparmia neppure il cibo.

Per ora va detto la battaglia è vinta. E dunque possiamo dire con il poeta Nunc est bibendum. Bisogna bere, ma anche mangiare per completare la frase del poeta. Ma non è difficile immaginare che presto i poliorceti della Globalizzazione Neoliberale torneranno come rinoceronti alla carica, e ciò, nel tentativo infausto di imporre la loro agenda politicamente e gastronomicamente corretta. Come più volte ho avuto modo di evidenziare l’identità dei popoli rappresenta oggi un prezioso fortilizio di resistenza, uno scrigno di sovranità culturale che resiste alla barbarie dello sradicamento postidentitario della Globalizzazione Turbocapitalistica. Per questo dobbiamo difendere chi siamo anche e non secondariamente a tavola.

La difesa delle identità è un passaggio nodale della resistenza contro il Global capitalismo nichilista e relativista che vuole livellare omologare il mondo intero per abbattere ogni resistenza rispetto alla Globalizzazione stessa. Ecco perché la distruzione delle identità è un punto saldissimo della Plutocrazia Neoliberale San Frontier. Ecco perché difendere chi siamo e difendere ciò che mangiamo è più che mai importante oggi. Perché noi siamo ciò che mangiamo, non solo nel senso con cui Foyerbach usava questa espressione, un senso puramente materiale, ma anche nel senso culturale e spirituale. Nel cibo che consumiamo si condensa la nostra identità, la nostra tradizione, la nostra storia e la nostra cultura. Per questo dobbiamo difenderlo contro gli attacchi che continueranno ad arrivare da parte dei poliorceti del Globalismo Borderless.