È stata un’Inter attendista, quella che si è ritrovata beffata all’ultimo giro regolamentare di lancetta all’Arechi di Salerno. Forse su un cross sbagliato di Candreva. Attendista soprattutto perché ancora in attesa di quella che era stata la migliore versione di se stessa.
La pericolosità sui calci piazzati, a cominciare dai corner, è in ogni caso sintomo di elevata soglia di concentrazione. Il rovescio della medaglia della pericolosità prodotta è stato la mancanza di cinismo sotto porta, pur al netto della reattività felina del solito, funambolico Ochoa. Un altro dei meriti che vanno assegnati alla gestione della fase migliore della partita da parte degli uomini di Inzaghi, quindi anche dello stesso tecnico, è consistito nell’aumentata intensità della seconda parte di gara, con un Mkhitaryan con chilometraggio da gasolio e una serie di accelerazioni turbo a benzina. Però il raddoppio che non è arrivato si è tramutato nella più rocambolesca delle beffe.
Tra i dati confortanti va annoverata la partecipazione di Lukaku, poi avvicendato con Dzeko, alla manovra d’attacco, soprattutto perché in più occasioni è andato a caccia del pallone lontano dalla porta, a beneficio dell’inserimento dei compagni.
Un dato sul quale riflettere per Inzaghi è invece la serie di occasioni in cui l’Inter è risultata aggredibile da Candreva e compagni ed è una questione che non riguarda soltanto il pacchetto dei tre centrali ma l’intera fase difensiva. Lo avremmo scritto anche senza il raggiungimento dello stranissimo pareggio da parte dei campani. Un dato sul quale riflettere, in fretta, in vista del Benfica, con umori per raccontare i quali basta il primo piano di Onana al triplice fischio.
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