Sarebbe potuta terminare in qualsiasi modo; forse, proprio per questo, lo zero a zero si è abbarbicato sul tabellone, restando in equilibrio nella successione dei rovesciamenti di fronte e delle occasioni che hanno tenuta alta la soglia d’attenzione di Szczesny e Meret, fino al minuto 94.
Juventus comprensibilmente stanca dopo Lisbona, un poco appannata nell’ultimo terzo di gara ma con una trazione offensiva rinverdita dagli innesti di Chiesa e Di Maria. Napoli più famelico, ritrovatosi attorno a un Osimhen quasi rimesso a punto e a una rinverdita scorrevolezza del palleggio.
Non sono mancati i colpi, alcuni dei quali almeno intenzionalmente proibiti, vedi Gatti su Kvaratskhelia.
La pressione di Lobotka e compagni, i rovesciamenti di fronte efficacissimi dei bianconeri nel finale, come quello che porta alla percussione di Di Maria che sembra ratificare un vantaggio juventino che dura qualche secondo. Decisione al limite, di quelle per le quali è destino che si continui a discutere; di certo l’impatto su Lobotka è indiscutibile.
Gli uomini di Spalletti lasciano Torino dopo aver prevalso, anche per quanto riguarda i contenuti tecnici esibiti, in una trasferta temibile alla vigilia, ma solo per la tabella di avvicinamento a ciò che ancora non nominano, soprattutto prima di Torino – Lazio; la Juventus resta al palo per il possibile set – point che l’avrebbe portata al sorpasso sui biancocelesti.
Entrambe ci hanno provato, nessuna delle due ha poi molto da rimproverarsi, in un finale di pioggia battente sotto la quale annega un possibile rigore juventino che, a rivederlo, non esiste.
Raspa – d’oro, per la zampata finale, segno di un destino che soffia sul golfo una brezza tricolore.
Paolo Marcacci