Per la prima volta in Italia è in scena Lazarus, la straordinaria opera rock in due atti che il grande artista britannico, il Duca Bianco David Bowie, scrisse poco prima della morte insieme all’autore teatrale irlandese Enda Walsh. Definita dal quotidiano The Independent “il regalo d’addio di David Bowie al mondo“, un’opera dark e devastante frutto della collaborazione alla regia di Valter Malosti e del leader degli Afterhours, Manuel Agnelli che ne sarà protagonista e interprete. Il poliedrico frontman milanese è l’uomo giusto per mettere in scena un’opera di così grande spessore. Tra i maggiori esponenti del rock indipendente italiano, è salito alla ribalta del grande pubblico dopo la sua partecipazione al talent musicale X Factor. Abbiamo avuto la fortuna di poter parlare di questo insolito e fenomenale progetto proprio con il suo protagonista, Manuel Agnelli:
“Ho avuto la grande fortuna di poter collaborare anche con persone che hanno direttamente collaborato con Bowie e quindi di fare un lavoro che è, non soltanto una nostra rielaborazione di quello che ci ha lasciato un grande della musica, ma è anche il suo scritto originale. Quindi è un onore poter essere una parte di questo progetto, se vogliamo, fatto grande creatività, con grandissima libertà, ma anche con grandissimo rispetto per quella che era la scrittura originale“.
Si racconta veramente il malessere della razza umana, la forte debolezza nell’accogliere qualcuno di diverso.
“Sì sicuramente c’è questa metafora all’interno dell’opera, non so quanto era pensata in origine ma alla fine c’è. La metafora qui è proprio il cambiamento addirittura cosmico, se vogliamo addirittura del mondo. Ci sono tanti macro temi in quest’opera che sono veramente molto interessanti per tutti quelli che hanno già avuto una vita di un certo tipo. L’invecchiamento e la malinconia che ne deriva, il fatto di perdere gli affetti e di sentirsi isolato. C’è però tantissima energia, Bowie è riuscito da grande artista qual era, a raccontare in maniera energica anche la propria fine, anche il passaggio della morte.
È stato difficile mettere su tutto l’insieme dei musicisti e degli altri protagonisti?
“No, perché io ero già abbastanza sicuro di un paio di nomi che volevo proporre e anche Walter aveva il suo rappresentante musicale che aveva l’idee molto chiare e devo dire che sono riusciti a riprodurre i pezzi con grandissimo rispetto senza essere una cover band, portando comunque della personalità. Per me è come interpretare un’opera classica, ormai Bowie ha quello status, quella grandezza, si tratta di rispettare la scrittura originale, ma si tratta anche di rappresentarla con una nuova vita“.