Fa ancora molto discutere la proposta di legge del Vice presidente della Camera, Fabio Rampelli (Fdi), sulla tutela della lingua italiana. Un tema che ha generato una discussione capace di coinvolgere non solo molti esponenti politici, ma anche gran parte dell’opinione pubblica. A fare scalpore la proposta di multare l’uso della lingua inglese nella Pubblica amministrazione. Per approfondire la tematica Francesco Borgonovo all’interno di “Punto & Accapo” ha intervistato lo stesso Rampelli chiedendo per prima cosa al Vice ministro chiarimenti sulla legge in oggetto: “Spieghiamo questa cosa della multa. Qualcuno l’ha presa un po’ in giro perché anche lei ogni tanto ha usato qualche forestierismo, però bell’esercizio, no? Provare a utilizzare parole italiane. Anche se la sua legge è una cosa un po’ diversa. Proviamo a spiegare esattamente come funziona“.
La risposta del Vice ministro Rampelli spiega con precisione qual è l’effettivo oggetto della legge in questione: “Non mi multerò da solo. Ma nessuno, se la legge passerà, ovviamente sarà multato per il suo eloquio in lingua inglese o in lingua straniera. Una precisazione che va fatta perché di stupidate ne sono state dette in questi giorni davvero tante. Quindi non c’è, da questo punto, vista alcun rischio di venire multati da 5mila a 100mila euro. La legge è una legge che è rivolta alla pubblica amministrazione. Perché è vergognoso che la pubblica amministrazione che si alimenta con i soldi dei cittadini italiani abbia ormai preso l’abitudine a scrivere testi, leggi, contratti convenzioni, documenti, spesso con termini inglesi, talvolta con intere frasi in inglese. E comunque anche i titoli che sono significativi, ricordiamo, per esempio, la legge del governo Renzi, intitolata Jobs Act, oppure la totale, a mio giudizio, invasione del termine Spending Review, che si trova sempre nei testi di legge italiani”.
Interviene su questo punto Francesco Borgonovo: “Quando si usa un termine, una formula, in inglese è perché non riesce a tradurlo nemmeno in italiano, perché quella cosa è innaturale. Non dovrebbe esistere ad esempio un termine come Spending Review.”
Ma il punto focale della proposta di legge riguarda anche aspetti pratici della vita degli italiani, ai quali va garantito un principio di uguaglianza, spiega Rampelli: “Vengo da Destra e quindi ho una certa affezione anche per l’identità culturale italiana. E non intendo negoziarla con nessuno. È una mia caratteristica e la metto sul tavolo e mi batterò fino alla fine dei miei giorni. Ma questa è una mia convinzione che appartiene a una cultura politica, però ce n’è un’altra che viene prima di questa, che è universale: il diritto di comprensione. L’accessibilità alla democrazia da parte soprattutto dei soggetti deboli. E in questo caso non voglio citare soltanto gli anziani, i giovanissimi che ancora non hanno iniziato il ciclo di studi e quindi non hanno ancora imparato le lingue, che pure hanno diritti di comprensione e trattamento come gli altri. Ma in ogni caso, a parte questi, noi sappiamo che solo il 20% degli italiani conoscono correttamente la lingua inglese, più o meno il 40%, hanno una conoscenza scolastica e quindi insufficiente a comprendere ciò che viene proposto, citato dalle pubbliche amministrazioni, ma anche dai circuiti commerciali, dalle società partecipate, anche quelle partecipate dallo Stato. Significa che lo Stato le paga, cioè le pagano i cittadini italiani”.
Chiosa Borgonovo: “Insomma, nessuno viene multato se usano parola inglese, o francese o di che altro. Non vi multa nessuno. Semplicemente è una proposta di legge che riguarda le istituzioni“.