“La Cina si prepari a scontri veri“.
Sono queste le solenni parole pronunziate dal presidente del dragone cinese Xi Jinping.
Un’affermazione di sano e sobrio realismo, verrebbe da dire. E ciò in ragione del fatto che la Cina è con tutta evidenza il prossimo obiettivo bellico scelto dall’aquila neoliberale a stelle e strisce. Proprio così, dopo la Russia di Vladimir Putin, toccherà presto, verosimilmente, anche alla Cina di Xi Jinping, la cui colpa inespugnabile agli occhi di Washington è quella di essere proprio come la Russia. E direi anche più della Russia, una potenza sovrana politicamente, geopoliticamente, economicamente e monetariamente.
A voler essere ancor più rigorosi e più precisi, la Cina è a tutti gli effetti una potenza che ha già sorpassato Washington sul piano economico. E non sfugga anche sul piano tecnologico.
La Cina è altresì una potenza che, anziché genuflettersi docilmente alla civiltà del dollaro e al suo imperialismo senza cuore, rivendica con dignità e coraggio la propria indocile indipendenza. Non è difficile immaginare davvero come il Leviatano a stelle e strisce utilizzerà, come in parte già sta facendo, Taiwan come casus belli contro la Cina. E, ciò non deve sfuggire, secondo la stessa modalità con cui ha impiegato l’Ucraina contro la Russia. La strategia, in fondo, resta sempre quella: il copione permane immutato.
Si utilizzano punti caldi come l’Ucraina e Taiwan, per provocare il nemico prescelto e far apparire all’opinione pubblica l’intervento militare come una necessità imposta dallo stesso nemico che si era già preventivamente scelto di attaccare.
Così si è operato ai danni della Russia.
Così, già da tempo Washington sta operando ai danni della Cina, perché è così che agisce.
Non accetta e non può accettare un mondo multipolare.
Tutto e tutti deve sottomettere al proprio dominio. E ideologicamente va identificando questo dominio con la civiltà, i diritti e la democrazia, con i ben noti risultati e con le ben note conseguenze.
I bombardamenti sono dichiarati bombardamenti “umanitari”.
L’imperialismo diventa “un gesto di civiltà”. Gli embarghi sono definiti come “terapeutici”.
E così via di menzogna in menzogna.
Quasi come se ci trovassimo in un teatro dell’absurdum o in una forma di romanzo neo orwelliano.
Non mi stancherò di ribadirlo ad nauseam: abbiamo bisogno vitale di un mondo multipolare, di un mondo cioè sottratto all’imperialismo letale di Washington. Per questa ragione abbiamo bisogno di una Russia e di una Cina forti e indipendenti, una Russia e una Cina che siano cioè in grado di dire “no” al gendarme planetario a stelle e strisce, facendo per ciò stesso valere il principio di un mondo multipolare.
Un mondo pluri-stratificato, un mondo articolato in maniera poliarchia, sottratto dunque ripeto al monopolismo della civiltà del dollaro, quella che continua a ripetere di essere il gendarme, la sola potenza in grado di garantire la pace e i diritti.
E così facendo maschera sempre daccapo il proprio imperialismo, facendo finta che il mondo intero sia dalla parte di Washington, quando la realtà, come spesso accade, è ben altra rispetto a quella dipinta dallo storytelling egemonico.
La massima parte del mondo non è con Washington, e anzi sempre più paesi si stanno disallineando rispetto ad essa per avvicinarsi alla Russia e alla Cina. Non perché Russia e Cina siano in sé e per sé attrattive, ma semplicemente perché sta prendendo vita l’esigenza di un mondo multipolare e dunque di un fronte unitario dell’anti imperialismo.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro