Recente è la richiesta di censura di un altro autore etichettato come “di destra” e “filoputiniano”.
La critica è nei confronti di Alain de Benoist, scrittore francese invitato al Salone del Libro di Torino.
Qualche giorno fa proprio l’editore Francesco Giubilei aveva raccontato ai nostri microfoni cosa avesse provocato la polemica.
“E’ nata una polemica abbastanza surreale sul fatto che Alain de Benoist abbia delle posizioni sul tema della guerra definite in modo molto semplicistico come ‘filoputiniane’“. Peccato che in realtà, diceva Giubilei, lo scrittore è stato invitato non per parlare della guerra ma del tema dell’identità e per presentare il suo libro. Dunque le accuse di essere “filoputiniano” e il motivo dell’evento stesso non sembrerebbero neanche combaciare. E a pochi giorni dai fatti che hanno avvolto il fisico Carlo Rovelli nel clamore mediatico, eccone un’altra, sempre sulla censura.
Stavolta però si invertono i ruoli. Se per Rovelli si è verificato il generale stracciamento di vesti, non è accaduto lo stesso per de Benoist, che anzi si ritrova a vestire i panni del censurato. Troppo “di destra” lo scrittore che ha fatto della dicotomia sinistra-destra il prinicipio cardine del suo pensiero. “Persino uno studioso come de Benoist – tuona Francesco Borgonovo, vicedirettore de La Verità – che è uno che ha sbriciolato le categorie, è andato oltre la destra e la sinistra, uno che ha molto criticato la cosiddetta estrema destra francese, viene accolto come se fosse un politicante qualsiasi o il leaderino di chissà quale movimento di estrema destra“.
Il politologo Marco Tarchi, in diretta a “Punto & Accapo”, fornisce una chiave di lettura della vicenda.
“Una classica situazione di un’egemonia dei regimi autoritari”
“L’idea di fondo di una certa parte del mondo della sinistra – spiega Tarchi – è che dalla sua parte c’è tutto ciò che si può considerare positivo. Tutto il resto è male, rozzezza, stupidità e malvagità. Su questa dicotomia assurda la sinistra ha costruito la sua egemonia che poi naturalmente tende assolutamente a negare. Deve cercare sempre ogni volta di dire: ‘Non è assolutamente vero, tutti sono liberi di fare quello che vogliono’. E tanto basta per detenere le chiavi di tutti quanti luoghi dove si può effettivamente esercitare una qualche influenza culturale“. Un atteggiamento quello che pervade l’ambiente della frammentata e divisa politica italiana che Tarchi descrive in “una situazione di egemonia che raffigura più un classico modo di essere dei regimi autoritari che non quello che dovrebbe essere di una democrazia“.
“Questa pretesa di superiorità intellettuale produce una sorta di discriminazione costante e sottovalutazione, aggiungiamoci anche gli elementi manipolativi. Ci sono state delle affermazioni in questa campagna che si possono comunque discutere, altre sono delle pure falsificazioni. Sul Manifesto scrivono che de Benoist sarebbe ‘un feroce antidemocratico’ e che cercherebbe di ingegnarsi in tutti i modi per dare argomenti per abbattere la democrazia, quando invece de Benoist più o meno da 35 anni a questa parte dice l’esatto contrario, e cerca di sostenere addirittura una posizione di democrazia partecipativa. Siamo alla falsificazione“.