“Dottor Knock” è la più conosciuta opera teatrale di Jules Romains, scritta nel 1923. La trama potrebbe dirci qualcosa di molto interessante: il dottor Parpalaid lascia il suo studio al più giovane Knock, il quale apprende con suo dispiacere che la cittadina che si appresta a prendere in cura, Saint-Maurice, gode di buona salute.
Ben presto però Knock tramuterà il tutto a suo vantaggio. Con un’abile strategia attira clienti tramite consultazioni gratuite, poi, una volta elaborate terapie di lungo corso, fa affari col farmacista del villaggio. Ben presto le sue cifre lieviteranno, una volta convinti tutti, inclusi i vicini delle contrade circostanti, di essere malati.
“Dottor Knock” è anche il grande pericolo per la società moderna, dove il concetto di cura sta pian piano svanendo a vantaggio di una perenne terapia atta a non contemplare neppure la malattia.
“Quando io studiavo medicina veniva considerata ipertensione una tensione arteriosa superiore ai 140-90 e adesso invece si curano tutte le pressioni più alte di 120-80, facendo lievitare il commercio degli antipertensivi“. E il prof. Alessandro Meluzzi parla evidentemente per esperienza personale: “Estendere i confini della anormalità, invece che della normalità, serve per vendere più farmaci. A difenderci un po’ da questo c’era prima il giuramento di Ippocrate, in cui i medici giurano di non somministrare nulla di potenzialmente pericoloso all’individuo per favorire i loro guadagni.
Esisteva il reato di comparaggio, per cui il Dottor Knock non avrebbe potuto nemmeno esercitare sopra la farmacia del Paese“.
Oggi non solo questo concetto di comparaggio è superato, “ma ormai le cattedre di medicina, i primariati di medicina, le direzioni degli istituti scientifici, sono appannaggio dei consulenti delle case farmaceutiche, si è chiuso un cerchio perfetto“.
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