Chissà se lo ricorda Giuseppe Conte. Nel maggio 1979, nella Chiesa del Gesù a Roma, a pochi passi dalla storica sede della Democrazia cristiana, all’allora premier Amintore Fanfani vennero tirate le orecchie.
Il protestante Angelo Gallo, passato alla ‘cronaca’ se non alla storia, agì per questi motivi, secondo la moglie: “La sua fu un’azione di protesta, perché vedeva che non si faceva niente per i giovani, per il loro lavoro. Lui si arrabbiava per queste cose, perché voleva che tutti lavorassero, avessero di che mangiare e vestirsi, potessero farsi una famiglia e costruirsi una casa”.
Dinamiche non molto diverse da quanto accaduto a Giuseppe Conte qualche giorno fa. Il leader M5S ha ricevuto uno “schiaffo” da un ex sostenitore prontamente etichettato “no vax” da parecchie testate nazionali.
Salvo scoprire che il motivo non era legato al vaccino, ma a un cambio di rotta del partito (inclusa la gestione della pandemia) che ha lasciato deluso Giulio Milani, il contestatore.
La differenza tra i due episodi è però il clamore che hanno suscitato, nonché i paroloni. Subito si è parlato di violenza con toni aulici. Niente da giustificare, buffetto o schiaffo che sia, ma il clamore generato stride decisamente con quanto invece abbiamo visto negli ultimi anni, incluse le decisioni di Conte: “Impossibile dimenticare quello che è successo tre anni fa. Dimenticare quello squallido personaggio in pochette fare dirette Facebook nelle quali decideva se potevamo uscire di casa o meno, se potevamo essere mascherati o non mascherati”.
Decisioni poi smentite dai dati, come ricorda il Prof. Giovanni Frajese: “Che poi diventa difficile parlare di no vax, quando nonostante gli anatemi di Draghi sono sopravvissuti“.
Il commento a ‘Un Giorno Speciale’.
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