Ma come, “Tachipirina e vigile attesa” non era un protocollo inesistente?
Che poi inesistente non era, salvo far notare ai debunker che aggrapparsi alla parola “consigliato” non falsifica l’esistenza di un protocollo o di una prassi.
Ma tralasciando i “cavilli” a cui si aggrappa certa stampa e certi medici (quasi a voler negare che nei primi mesi di pandemia l’approccio paracetamolo e attesa di sintomi peggiori fosse il più in voga), il presidente AIFA Giorgio Palù è andato direttamente alla sostanza.
Ospitato a Porta a Porta lo scorso 10 maggio, l’addetto ai lavori numero uno dell’Agenzia Italiana del Farmaco, ha rilasciato virgolettati che per la loro importanza dovrebbero essere consegnati alla Storia.
Per esempio: “Non abbiamo considerato studi clinici comparsi su importanti riviste che consigliavano l’uso di un farmaco già dimostratosi efficace nei confronti dei precursori del SARS-CoV-2”. Il riferimento è probabilmente all’idrossiclorochina, che tra l’altro piaceva pure ad Anthony Fauci per il Sars-1. Un farmaco demonizzato, ma dalla stessa Aifa, che in piena pandemia ne definiva l’efficacia “incerta” parlando di “potenziali rischi”.
Non serve tornare troppo indietro per ricordare quanto Didier Raoult e altri baluardi dell’uso di questo farmaco siano stati stigmatizzati da stampa e opinione pubblica.
Ma non è tutto: “Si trattava di un virus a diffusione nosocomiale”, e si era quindi enormemente più a rischio negli ospedali che altrove. Da lì partiva la diffusione del contagio.
Anche questo un virgolettato particolare. Basti pensare a riproporlo in strada: presto giungerebbero accuse di complottismo e verrebbero ricordati i morti di Bergamo, che però, come naturale conclusione di quest’ultima affermazione di Palù, potevano essere evitati operando in modo diverso.
Da qui l’ammissione davanti a Bruno Vespa e agli ospiti, tra i quali il ministro Schillaci e Matteo Bassetti: “Tutto questo ci deve anche far dire che gli italiani sono stati molto bravi. Sono stati bravi i medici, i cardiologi, gli anatomopatologi a capire che si soffocava anche per tromboembolia dei microvasi del polmone, quindi che non passava. Capire quali farmaci utilizzare, per esempio gli antinfiammatori, che erano un aiuto potentissimo. Ecco, non servivano certo Tachipirina e vigile attesa. Gli errori si fanno. Questa era una malattia del tutto sconosciuta, un virus che per la prima volta colpiva l’umanità“.
Su questo qualcosa da ridire ci sarebbe, visto che gli errori in tal caso costano, e anche tanto.
“Mi viene da pensare alla canzoncina che si cantava nella Napoli post-bellica di Curzio Malaparte“, commenta lo psichiatra e saggista Alessandro Meluzzi, “cioè ‘Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato ha dato‘”.
“Io sono anche mezzo napoletano, però se lo scordino che ‘Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato ha dato’, perché scemi non siamo“
Il commento a ‘Un Giorno Speciale’.
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