Il bardo cosmopolita Roberto Saviano, sul sontuoso attico di Nuova York, ha perso un’altra eccellente occasione per tacere.
In una recentissima intervista apparsa sulla Stampa, rotocalco sabaudo par excellence, il bardo cosmopolita ha asserito senza pudore che “l’Italia sta diventando come la Serbia“.
“E ciò si sta verificando” – spiega il Bardo cosmopolita – “in ragione del fatto che sta venendo meno la libertà di critica”.
In effetti l’Italia è quel paese in cui vi è talmente poca libertà di espressione e di critica, per cui al bardo cosmopolita, cinto da noia patrizia, sono concesse quasi quotidianamente serate in prima visione, in cui egli soltanto ha diritto a monologhi senza contraddittorio.
Appunto, nessun contraddittorio e libertà di espressione a senso unico per lui, il bardo cosmopolita.
Il successo di Roberto Saviano si spiega precipuamente in ragione del fatto che egli figura come l’intellettuale ideale di completamento della globalizzazione neoliberale e dei suoi asimmetrici rapporti di forza.
Quella di Saviano è in ultima istanza una critica conservatrice che non critica il potere della globalizzazione neoliberale, ma critica, al contrario, tutto ciò che a quel potere possa variamente opporre resistenza. Porto un esempio soltanto: il bardo cosmopolita cinto da noia patrizia Roberto Saviano, critica ogni giorno a piè sospinto la Russia di Putin e non spende mai una parola soltanto contro l’imperialismo di Washington.
Quella di Roberto Saviano è una critica conservatrice che appare perfettamente compatibile all’ordine dominante, il quale ordine dominante, non per caso, premia la critica di Saviano garantendole perenne visibilità e permanente successo.
Insomma, se il bardo cosmopolita Saviano sorride al potere neoliberale, il potere neoliberale di rimando sorride sempre al bardo cosmopolita Saviano. Soprattutto, diciamolo pure, quando egli fa sparate irresistibilmente comiche come l’ultima sulla Serbia.
Sparate che con Hegel andrebbero rubricate alla voce “vuota profondità”.
Quasi possiamo dirlo, preferiamo Saviano mentre si pasce in silenzio delle titillevoli aragoste rosse e degli inebrianti tartufi bianchi.
Se non altro evita di tirare fuori delle tesi davvero surreali come quella relativa alla Serbia.
Davvero Roberto Saviano risponde al meglio alla visione globalista laicamente corretta della civiltà neoliberale.
La sua critica conservatrice procede in maniera puntuale, nel senso dell’adesione agli schemi dell’ordine costituito.
Perché Saviano non critica mai lo status quo, ma critica sempre tutto ciò che possa resistergli.
E quindi la sua appare una posizione critica, quando in realtà non lo è affatto, essendo anzi il disinnesco di ogni possibile critica ed essendo dunque il trionfo del pensiero unico fintamente critico.
RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano, con Diego Fusaro