Fortemente voluto dall’amministrazione Gualtieri e ora quasi in via di realizzazione. Parliamo del termovalorizzatore per chiudere il ciclo dei rifiuti nella Capitale che sorgerà nell’area di Santa Palomba.
Il piano Gualtieri prevede un contributo pubblico «al 49 per cento del totale con un tetto di 40 milioni di euro», mentre i costi stimati per la realizzazione sarebbero di 700 milioni di euro. Una soluzione per ovviare al grande problema di Roma nello smaltimento dei rifiuti che negli ultimi anni ha portato la Capitale a esserne invasa. Non l’unico piano però, e forse neppure il migliore secondo Enrico Michetti.
L’esperto di diritto amministrativo ci ha spiegato di più sui rischi ambientali ed economici di un tale impianto:
“Si andrà avanti a meno che i sindaci non si facciano garanti di salvaguardare il territorio. Dico questo perché non è che io sia contrario ai termovalorizzatori. Il termovalorizzatore è una soluzione. Ma sono contrario ai mostri. Un conto è fare un quartiere, un altro è fare Corviale, dove 4500 cittadini sono inseriti in un blocco di cemento armato, e la loro vita è reclusa h24 in quella struttura. Fare un assetto urbano corretto non è fare un mostro di cemento armato“.
Una volta realizzato nell’estate 2026, questo sarà l’inceneritore più grande d’Europa: “600mila tonnellate l’anno vuol dire che lì andrà sistemata la viabilità: immaginate il viavai di camion provenienti da ogni dove carichi di immondizia da portare a questo mostro. E l’impatto paesaggistico?“
Ma allora quali sono le alternative?
“Il termovalorizzatore, ripeto, ha una sua funzione. Ma questa funzione si riduce sempre di più nel momento in cui si alza la raccolta differenziata. In primis andrebbe fatta la differenziata, poi dovremmo cercare di recuperare tutto il recuperabile: gli scarti diventano una frazione molto esigua, e infatti in Italia stanno diminuendo negli anni i termovalorizzatori. Chiediamoci anche perché l’Europa non li finanzia“.
Senza contare che il termovalorizzatore “risolve” problemi a cui si potrebbe tranquillamente far fronte in altri modi: “Nell’inceneritore va il secco, non l’umido. Il 28% dei rifiuti è carta e cartone che potremmo riciclare, invece così li andiamo a bruciare e la carta la compriamo in Francia“.
“In sostanza“, ricorda Michetti, “il problema è che realizzando l’inceneritore tu non avrai interesse a differenziare, ma solo a bruciare tutto”. Emblematico è il caso di Copenaghen, rinomata fino a poco tempo fa per avere il termovalorizzatore più grande d’Europa: “Che cosa dice il Ministro dell’Ambiente danese oggi? ‘Stiamo avviando una transizione verde nel settore dei rifiuti, per 15 anni non siamo riusciti a risolvere il dilemma dell’incenerimento’“. “Copenaghen“, dice Michetti, “aveva una differenziata simile a quella di Roma e fece un termovalorizzatore – acclamato da tutti – da 560mila tonnellate. Cosa hanno fatto poi? Cito: ‘E’ ora di smettere di importare rifiuti dall’estero per riempire inceneritori vuoti’. Perché ormai, dei rifiuti danesi, con la differenziata al 75%, loro all’impianto non conferiscono quasi più nulla. E allora sono costretti ad acquistare scarti e tutto ciò che si può smaltire dall’estero“.
Questo sarà il ciclo di tutti i termovalorizzatori: “Bolzano cerca col lanternino rifiuti in tutta Europa solo per mantenere in vita il mostro, o economicamente sarebbe un peso“.