Il MES continua a rappresentare un quesito scottante al vaglio di tutti gli organi di stampa e delle autorità politiche nazionali. Mario Monti, in un editoriale del Corriere della sera, definisce “stucchevole il dibattito sulla ratifica del trattato di modifica del MES, incomprensibile all’opinione pubblica e mortificante per l’intelligenza dei cittadini italiani”.
Sulla questione dell’incomprensibilità dovuta al carattere tecnico del provvedimento il senatore Borghi della Lega afferma: “Gli italiani hanno capito perfettamente che il MES è uguale a sottomissione, l’Europa richiede un’umiliazione dell’Italia. Ai vertici sanno benissimo che questo trattato va in danno all’Italia e ad una maggioranza che ha preso voti anche grazie ad un atteggiamento avverso nei confronti delle “eurofollie“.
“Il pensiero diffuso secondo cui la sottoscrizione del trattato non implicherebbe alcun obbligo di utilizzo da parte dell’Italia” continua Borghi “è un errore concettuale comune. Ratificare significherebbe concedere l’autorizzazione ad altri di agire con i nostri soldi.”
La ratifica del MES ci esporrebbe, dunque, ad una serie di valutazioni previste dal trattato, che nel caso in cui risultassero negative porterebbero a conseguenze avverse in termini di riforme, tagli e ridimensionamento.
La via d’uscita secondo Mario Monti sarebbe approvare, in seguito alla ratifica del MES, un decreto che impegna il nostro governo a non usufruire degli strumenti finanziari proposti previa autorizzazione del parlamento, al fine di evitare il blocco di tutti gli altri paesi interessati.
Il senatore Borghi, via Twitter, esegue una disamina della discussa lettera da parte del MEF riguardante proprio la ratifica del MES: “Il problema principale della lettera e del discorso sul MES è l’esplicazione di effetti ragionieristici a discapito di tutti gli aspetti politici e sociali. Il documento non considera in alcun modo le condizionalità del trattato: nel caso in cui l’Italia dovesse prendere in prestito soldi dal MES cederebbe la sovranità delle decisioni agli organi direzionali europei e si troverebbe costretta ad attuare riforme restrittive in merito alla sanità, alle pensioni, ai sistemi di tassazione, alla vendita di beni statali. Ma queste cose non sono contabili, quindi non ne parlano”.