No wash è il buffo nome della nuova tendenza del solito ambientalismo neo-liberale. Quell’ambientalismo che non a caso piace all’ordine del discorso dominante sulla plancia di comando. No wash è la tendenza di quegli ambientalismi che ritengono che si debbano ridurre il lavaggio degli indumenti e di se stessi, magari anche nella prospettiva di non lavarsi mai più.
Lo si potrebbe definire l’ambientalismo “puzzone” per distinguerlo dalle altre molteplici figure che hanno preso piede negli ultimi anni come l’ambientalismo puerile alla Greta Thunberg. Difficile trattenere una risata quando si tratta di queste figure. Un ambientalismo che puzza e ciò non solo in relazione all’odoeo che è destinato ad emanare ma in relazione al fatto che si tratta del solito ambientalismo che “puzza” di ordine dominante.
L’errore fondamentale di questo ambientalismo “No Wash” non è solo di ordine igienico, ma l’errore è quello di larga parte dell’ambientalismo imperante che non mette in discussione il modo della produzione capitalistico, la vera causa delle problematiche ambientali. Con questa premessa errata, l’ambientalismo No Wash ritiene che la causa sia da ricercare nella condotta di tutti e di ciascuno e che dunque occorra intervenire sulla loro modalità di vita per risolvere la questione ambientale.
In tale maniera non vengono nemmeno più menzionati i rapporti di forza e il modo della produzione capitalistica, cioè quella determinazione che è alla base della devastazione dell’ambiente. Per questo l’ambientalismo alla Greta Thunberg gode di tanta simpatia da parte del potere che è felice come non mai che il proprio dominio non venga messo nemmeno in discussione.
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