“Pensare” viene dal latino “pensum“, cioè “pesare”.
All’epoca rappresentava una certa quantità di lana che doveva essere, per l’appunto, pesata, condizione fondamentale per essere poi preparata alla lavorazione. Sullo stesso principio si forma il pensiero.
E sulla stessa linea d’onda si trova quella che l’endocrinologo Giovanni Frajese chiama “intelligenza naturale”, in opposizione a quella che di questi tempi sembra diventare sempre più dominante: quella artificiale. Solo pochi giorni fa arrivava la notizia che il Bild, quotidiano tedesco, ha preso la decisione di licenziare ben duecento giornalisti per rimpiazzarli con l’AI.
“Io credo che stiamo vedendo i segni del crollo globale della nostra civiltà” – spiega Frajese.
“È qualcosa che è già accaduto nel passato. Riaccadrà adesso, probabilmente ritornerà ancora una volta in futuro.
Perché? Perché ci son tutti i segni di questo crollo umano, spirituale”.
Una questione fondamentalmente di etica che fa riflettere e che fa pensare.
Che ruolo può avere l’intelligenza artificiale? Può davvero competere con l’uomo?
Non è poi così certo che valga la favola del progresso tecnologico equivalente, secondo i più, ad un progresso universale.
Né è sicuro che noi, nel 2023, saremmo quelli “avanzati” rispetto agli antichi troppo spesso lasciati da parte.
“Gli antichi avevano compreso molto più di noi ciò che è l’essenza di un essere umano“, ci tiene a precisare infatti Frajese.
L’umanità sarebbe in balia di una “razionalizzazione della vita e del pensiero“.
Dopotutto, il pensiero stesso è più di una semplice reazione elettrica.
“Cosa sia un pensiero non lo sappiamo esattamente neanche noi. Non è qualcosa che può essere descritto, può essere semplicemente vissuto esattamente come viviamo tutte quante le altre esperienze.
Connesso al pensiero è il libero arbitrio.
Quello che continuo a vedere è una grande dose di di rabbia da parte delle persone, di quelle che in questi anni hanno subito e in qualche forma ancora subiscono una sofferenza che non sono riusciti in qualche maniera lasciare andare“.
Che siano stati gli anni della pandemia o una serie di motivazioni storiche e culturali a portare l’uomo nel tentativo di pensare come una macchina, non è chiaro. “Ciò che la scienza in questo momento non riesce a capire – sottolinea con certezza Frajese – è che c’è un’intelligenza ‘naturale’ che governa ogni cosa, che le dà un senso. Un’intelligenza che traccia un percorso di evoluzione che prima o poi porterà l’essere umano alla comprensione di chi è, e di che cosa sta a fare su questo piano, piuttosto che perdersi nel mare di nullità che in qualche maniera vi fanno mangiare e bere dalla mattina alla sera.
Per fortuna ci è stata donata una chiave all’interno del nostro cuore che in realtà sa qual è la direzione giusta“.