In questi giorni emerge con limpido profilo come anche Landini, il punto di riferimento del più grande sindacato italiano, la CGIL, sia ormai palesemente a favore del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, quello che l’Unione Europea con tanto zelo, vorrebbe imporre all’Italia. Quello che i governi in carica finora sono riusciti a evitare. E sembra che, paradossalmente, proprio il Governo che si era proclamato sovranista e patriottico, si troverà infine a ratificare.
Il MES coincide con l’esproprio della sovranità politica dopo che già è stata abbandonata da tempo quella economica.
Il MES, infatti, implica non solo che l’Italia si indebiti accettando soldi dall’Unione Europea, ma che di più debba spenderli attuando le riforme volute dalla stessa UE. Indi per cui, come si diceva, coincide con l’esproprio della sovranità politica e quindi, ancora una volta, con un cedimento strutturale verso il neoliberismo, delle riforme de-emancipative del lavoro in nome della privatizzazione della concorrenza e della liberalizzazione.
Chiaro come il sole dunque, che un sindacato che difendesse realiter i lavoratori, dovrebbe opporsi con ogni modo al MES.
E invece accade che Landini, l’esponente di punta del principale sindacato italiano, si dica favorevole al MES stesso.
E questo ci permette, anzi ci costringe in certa maniera, a svolgere alcune considerazioni sul sindacato in quanto tale.
Diciamolo apertis verbis, il sindacato di per sé dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale: il ruolo della tutela delle classi lavoratrici e dei loro interessi. Il sindacato dovrebbe essere idealmente la voce unificata dei lavoratori contro il capitale.
Dovrebbe dunque lottare per i salari e contro la voracità del pluslavoro.
Oggi invece, i sindacati sono semplici apostoli del padronato cosmopolitico.
Sono meri guardiani di piazza col fischietto del blocco oligarchico neoliberale, alla stregua delle sinistre fucsia neoliberali.
I sindacati, sempre più filo bancari, neo padronali e market friendly, hanno tradito le classi lavoratrici.
Fingono subdolamente di essere dalla loro parte e in realtà docilmente assecondano tutti i desiderata dei gruppi dominanti.
Prima firmano tutti gli accordi possibili come vogliono i padroni e poi, come se nulla fosse, portano in piazza i lavoratori a mo’ di pecore ben tosate da esibire in maniera puramente coreografica.
D’altro canto, non dimenticatelo, le pecore temono il lupo, ma alla fine è proprio il pastore che le porta al macello.
E questo, in effetti, sembra essere il ruolo che si sono assegnate le sinistre fucsia neoliberali e i sindacati di completamento del rapporto di forza turbo capitalistico, quello di essere pastori che guidano verso l’abisso i lavoratori e le classi medie, fingendo di tutelarne gli interessi e in realtà tutelando la visione di classe dei gruppi dominanti.
Ecco perché ci troviamo di fronte al paradosso di una sinistra fucsia neoliberale che appoggia i governi bancari, il MES, l’Unione Europea, l’imperialismo e di un sindacato che non si discosta poi molto da questa stessa maniera di agire.
Insomma, le destre appaiono sempre più superate dalle sinistre stesse nel tutelare gli interessi del capitale.
Addirittura potremmo dire che i sindacati e le sinistre riescono a far apparire perfino le destre in difficoltà, perché queste si vedono togliere il terreno da sotto i piedi, per così dire rubare il mestiere dalle sinistre stesse e dai sindacati, sempre più distanti dagli interessi dei lavoratori e sempre più organici alla visione del mondo turbo capitalistica della plutocrazia neoliberale sans frontières.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro