Nel 2016 Nature ha fatto un sondaggio sulla riproducibilità della ricerca. Le statistiche relative ai risultati di questo sondaggio sono sconcertanti. Su 1576 scienziati più del 70% dei ricercatori ha tentato senza successo di riprodurre gli esperimenti degli altri. Ma non solo, più della metà degli scienziati non è riuscito a replicare nemmeno i risultati dei suoi stessi esperimenti Eppure gli articoli sono ancora tutti all’interno delle riviste scientifiche e, come segnala Fabio Duranti, ancora non si è persa la fiducia anche negli studi e nelle ricerche risultate irriproducibili: “Tu pubblichi qualcosa su una rivista scientifica però non riesci a replicarla. La cosa che mi ha raggelato di più è una frase che dice che è vero che non sono riusciti a riprodurre i nostri risultati, però solo il 31% pensa che la mancata riproduzione dei risultati pubblicati significa che il risultato è sbagliato, perché la maggior parte afferma di fidarsi ancora della letteratura pubblicata“.
Non solo Nature però ha avvisato per tempo sulle problematiche relative alla veridicità e verificabilità delle pubblicazioni scientifiche, Frajese porta l’esempio di un’altra autorevole rivista come Lancet: “Il capo di Lancet aveva dichiarato che il 50% della ricerca scientifica è falsa, cioè con numeri completamente inventati. La gente ha ancora la fiducia che quello che è pubblicato sia verità. Se la società è basata sulla virtù allora la scienza sarà curata attenta e pubblicherà la verità. Se invece la società è basata sulla paura o sull’interesse economico la scienza non farà altro che seguire quello che gli viene indicato“.
La sintesi della possibile scelta tra cosa effettivamente viene validato e quindi pubblicato e cosa no prova a fornirla Alessandro Meluzzi: “Se sei un ricercatore indipendente sei esposto al fuoco di fila, se lavori per la Big Pharma qualunque vaccata tu presenti, anche se la tua ricerca è fatta su una tastiera e non in un laboratorio, verrà pubblicata“.