Ancora una volta Dostoevskij, il genio della letteratura russa e universale, torna ad essere al centro di un virulento attacco da parte della nauseabonda cancel culture. Su La Stampa di Torino, rotocalco Sabaudo, compare un articolo degno di nota nel quale si prova addirittura a spiegare come un genio universale della letteratura russa sia alla base dell’ideologia di Putin e del suprematismo russo. Già nel 2022 una università italiana aveva provato goffamente a mettere al bando proprio Dostoevskij.
Dostoevskij, un raffinatissimo esploratore dello spirito umano si vede ora puntato il dito contro da parte di pittoreschi araldi del pensiero unico e del politicamente corretto. Ecco allora che Dostoevskij viene giudicato illegittimo dalla miseria del nostro presente. Si cerca ancora di gettare fango anche sui giganti della letteratura sui quali non si sarebbe degni di proferire parola. Nel demenziale articolo de “La Stampa” si prova a sostenere tra l’altro che “Delitto e Castigo” sarebbe alla base del suprematismo russo rappresentato da Putin. Chi sostiene tali idiozie non ha evidentemente mai letto il libro di Dostoevskij, o se lo ha letto non ne ha capito nemmeno vagamente il contenuto.
Come è noto, il testo in questione non è una celebrazione del superomismo suprematista. Al contrario è una denuncia sferzante di quel che accade quando si uccide Dio e si pretende di sostituirgli la presunta onnipotenza umana. Ma per capirlo occorre esercitare il logos e soprattutto leggere e capire quello di cui si parla.
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