Per ora non accennano minimamente a spegnersi o anche solo ad attenuarsi le proteste che stanno letteralmente infiammando la Francia tutta. Proteste che, come abbiamo avuto modo più volte di evidenziare, hanno per oggetto il capitalismo stesso: la sempre più iniqua società neoliberale, con tutto il suo crescente volume di sofferenze, di oppressione, di disuguaglianza e di miseria.
Per questo, come altre volte abbiamo sottolineato, si tratta di proteste che l’ordine neoliberale non può assimilare e tantomeno celebrare, dovendo solo diffamare e reprimere con la violenza. Non sono le riforme di protesta dell’arcobaleno o del green, quelle che vengono celebrate a piè sospinto e osannate a tambur battente.
Sono proteste contro la società capitalistica, la quale dunque reagisce diffamandole e presentandole come semplici esplosioni di violenza, senza mai chiarire le cause stesse di quelle proteste che chiarirle equivarrebbe a mostrare tutto lo squilibrio e tutta l’ingiustizia che innerva la società capitalistica.
Ebbene, in queste ore stiamo assistendo a una violenza feroce di repressione a nocumento di queste proteste, e in un suo recentissimo discorso pubblico, Emmanuel Macron, prodotto in vitro dell’élite turbo bancaria Rothschild, ha puntato apertamente il dito contro i social network. Ebbene sì, secondo Macron le reti sociali sarebbero colpevoli di aver contribuito fortemente al dilagare della protesta e alla sua diffusione mediante le forme digitali. Si tratta, a nostro giudizio, di parole assai preoccupanti, che preludono, è bene evidenziarlo, a una possibile limitazione dei social network, attuata, tanto per cambiare, in nome dell’emergenza.
In sostanza, si tratta dell’ennesima applicazione di quel ben noto teorema che abbiamo visto ripetersi ininterrottamente nei tre anni testé trascorsi, i tre anni dell’emergenza epidemica.
E così suona il teorema: poiché vi è un’emergenza che mette a repentaglio le vite di tutti e di ciascuno, occorre introdurre delle norme che di per sé sarebbero inaccettabili e che tuttavia diventano inaggirabile per via dell’emergenza, la quale ci impone queste misure e dobbiamo dunque prenderle di necessità. Insomma, grazie al dispositivo dell’emergenza, il potere può imporre ciò che vuole, soprattutto ciò che non potrebbe imporre in assenza dell’emergenza, fingendo che a volere questa imposizione non sia il potere stesso, ma sia, per così dire, la dinamica obiettiva dell’emergenza stessa. Non sappiamo se realmente Macron vorrà limitare i social network, sia chiaro.
Ma le premesse perché ciò possa avvenire sono state inequivocabilmente poste in essere dalle sue parole.
D’altro canto, siamo ormai abituati, come ricordavo, al modus operandi della governamentalità emergenziale di matrice neoliberale, quella a suo tempo bene evidenziata dal Michel Foucault dei corsi sulla nascita della biopolitica.
Suddetta governamentalità impiega l’emergenza per imporre norme liberticide e oppressive, norme che appunto apparirebbero inaccettabili in assenza dell’emergenza e che l’emergenza giova a far apparire come inevitabili. Sicché dobbiamo essere pronti anche all’eventualità peggiore, come si è soliti appellarla: quella della limitazione dei social network in nome dell’emergenza.
Una volta di più appare allora un limpido profilo come il libero Occidente democratico non sia poi così democratico e neppure così libero, come pure va a piè sospinto dicendo di essere, nella sua ipocrita autorappresentazione.