Vi sono episodi che segnano il nostro presente e che, messi in fila uno dopo l’altro, ci restituiscono impietosamente un quadro della cosiddetta civiltà neoliberale di cui siamo, nostro malgrado, abitatori. E quello che sto per raccontarvi è indubbiamente uno dei fatti di cui testé dicevo. È accaduto a Settimo Torinese, alle porte di Torino. Si tratta di una vicenda davvero orrenda, che merita di essere resa oggetto di una pur celere riflessione. Le armi della critica, come le chiamava Marx, non devono arrendersi mai, soprattutto quando il nostro presente continua a essere com’è, innervato da contraddizioni macroscopiche che pure i più, per abitudine, fingono di non vedere o non si accorgono di vedere.
Del resto, l’abitudine in grado di farci accettare tutto, anche l’inaccettabile, ponendoci nella condizione di Amleto che, nella nota tragedia shakespeariana, vede un becchino che mentre dà sepoltura ai morti, fischietta allegro e domanda come sia possibile che costui fischietti mentre dà sepoltura ai morti. “L’abitudine lo rende indifferente“, viene risposto ad Amleto.
Ebbene, cosa è accaduto a Settimo Torinese?
I lavoratori che stavano protestando davanti a una nota azienda sono stati presi e di peso condotti via dalle forze dell’ordine.
Si tratta, è bene sottolinearlo, di un provvedimento davvero discutibile.
Un provvedimento che da un certo punto di vista può essere letto ragionevolmente come una violazione della libertà di espressione, di protesta. Non ce ne stupiamo più di tanto a dire il vero.
L’ordine neoliberale cosmopolita procede ormai evidentemente intrecciando fra loro la deregolamentazione dei mercati e della morale e la repressione di tutto ciò che possa variamente mettere in discussione lo stesso ordine neoliberale che si presenta a tutti gli effetti, per dirla con Max Weber, come una gabbia d’acciaio con all’interno un politeismo dei valori mercatisti.
Perfino le proteste dei lavoratori tendono sempre più a essere concepite e conseguentemente trattate come incompatibili con l’ordine egemonico della globalizzazione turbo capitalistica. Quella globalizzazione turbo capitalistica che, per inciso, celebra le proteste funzionali alla sua logica. Ed ecco che allora celebra a tutta pagina quelle proteste verdi dell’ambientalismo neoliberale che tanto vanno di moda.
O ancora, quelle proteste arcobaleno dei capricci di consumo per ceti abbienti che egualmente vanno di moda.
E insieme, proprio quell’ordine neoliberale che celebra suddette proteste conservative, con la forza impedisce quelle che contrastino con la logica e logica dell’ordine globocratico. Le quali, lungi dall’essere osannate, vengono represse assai spesso con la violenza.
Né questo accade solo in Italia, si badi: la vicina Francia, che per tradizione e per consuetudine è più portata alla rivolta rispetto all’Italia, ha sperimentato in questi ultimi anni continue repressioni dei moti di scontento popolari, fino alle Giubbe Gialle, passando poi per tante altre proteste che sono state represse in nome della difesa dell’ordine neoliberale innalzato a supremo ordine a cui tutto deve piegarsi.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro