Potrà sembrare paradossale ma, a più o meno ventiquattr’ore dall’annuncio giudicato sorprendente e definito subito un colpo di scena, ora per le dimissioni di Roberto Mancini potremmo canticchiare, sulle note di un bel brano di Riccardo Cocciante, che “Era già tutto previsto”. Non è una provocazione: è mancato il preavviso, non le motivazioni da parte dello stesso Mancini, pur non volendo tener conto di faraoniche sirene arabe: la marea montante di un malumore silente e corrosivo, una investitura pubblica molto recente che apparentemente rafforzava la posizione dell’ ex CT ma che, nei fatti, poi prescindeva in più punti dalle sue indicazioni, vedi la questione dello staff.
Salendo ulteriormente col livello delle citazioni, il lettore potrà comunque pensare – e il modo ancor m’offende – a proposito della comunicazione via PEC e della mancanza di preavviso (anche se di alcuni malumori di Mancini si vociferava da un po’). Non fa una bella figura il tecnico, sicuramente, soprattutto se poi dovessimo scoprire a breve che si potrebbe accasare in mezzo alle dune anche lui, sul cui operato il giudizio resta complicato e interlocutorio: una catastrofica esclusione dalla Coppa del Mondo, la seconda di fila dopo quella che costò a Ventura panchina e reputazione; una vittoria dell’Europeo di portata storica ottenuta con merito e con la dose indispensabile di buona sorte dalla quale non si può prescindere per certi traguardi; la creazione di un gruppo e di un gioco identitario che poi per più motivi l’Italia del Mancio ha smarrito. Tutto sommato c’è la sufficienza, ma non arriviamo al sette.
Il nocciolo della questione e della nostra riflessione è però un altro: quello che ha fatto Mancini è uno degli effetti, il più eclatante certamente, ma la causa è altrove ed è sempre la solita degli ultimi tempi, mesi, anni: l’immobilismo federale, la passività di un Gravina che è ancora lì e che appare sempre più ostaggio dei club; la mancanza di una riconsiderazione dal basso di ciò che necessita alla riedificazione del calcio italiano e un po’ di altre questioni politiche.
Buon lavoro e in bocca al lupo al nuovo CT, chiunque sia e buone vacanze a Mancini, forse piuttosto brevi.
Paolo Marcacci