Luciano Spalletti, con ogni probabilità, sarà il prossimo Commissario tecnico della Nazionale italiana. La Figc ha sciolto le riserve: secondo Alessandro Alciato, giornalista da sempre vicino a fonti qualificate in ambiente Azzurri, il tecnico di Certaldo sarà l’erede designato di Roberto Mancini, che si è dimesso a sorpresa il 13 agosto scorso. Come potrebbe giocare la Nazionale dell’allenatore toscano, fresco vincitore dello scudetto con il Napoli? Per capirlo, bisogna analizzare il piano tattico dei campioni d’Italia, un marchio di fabbrica di Spalletti.
Il Napoli 2022/2023 si disponeva con un sistema iniziale di 4-3-3 per poi passare al 4-1-4-1 con cui controllava gli spazi, gestiva il possesso palla e organizzava le transizioni offensive. L’obiettivo di questo schema è lasciare ai giocatori libertà di scegliere le opzioni offensive, mantenendo al contempo una struttura abbastanza rigida in difesa. Questo comporta una scarsa rotazione degli interpreti, molti automatismi da parte dei giocatori e grande fluidità.
Il cuore pulsante dell’assetto tattico di Spalletti è il centrocampo, forse il reparto dove gli Azzurri hanno più soluzioni e gli interpreti più forti. Sarà interessante capire chi sarà l’erede spirituale di Lobotka, che nel Napoli campione d’Italia smistava e gestiva la maggior parte dei palloni sia come vertice basso del centrocampo a due (con Anguissa al suo fianco) sia come perno unico quando il camerunese saliva per occupare lo spazio. I tre davanti, nello scacchiere di Spalletti, scambiano poco le posizioni e grande importanza ha quindi l’attaccante centrale – nei campani, il ruolo era occupato da Osimhen – che resta bloccato e assorbe i due centrali, lasciando l’incarico di portar palla e manovrare ai due esterni. Il ruolo di centravanti, in Nazionale, è stato occupato nel recente passato da Immobile non senza moltissime polemiche: sarà interessante capire se il tecnico di Certaldo cercherà di rilanciare l’attaccante più prolifico delle ultime stagioni di Serie A o se vorrà puntare su nomi nuovi e dalle caratteristiche differenti (Scamacca?).
In difesa, il Napoli di Spalletti si organizzava pressando alto a tutto campo per tenere gli avversari il più lontano possibile dalla porta. Per caratteristiche, sia Bastoni, sia Mancini, sia Toloi sembrano i nomi più adatti allo stile di gioco del futuro CT, mentre Romagnoli e Casale potrebbero partire più indietro nelle gerarchie, essendo abituati a difendere più bassi, con Acerbi più defilato per questioni di età. Non è da escludere, però, che i due centrali laziali possano scalzare sia il difensore romanista che quello orobico, in quanto più abituati a giocare a quattro: l’unico certo del posto, per la sua caratura tecnica, potrebbe essere il classe 1995 interista. Sulle fasce, i più indiziati per un posto da titolare sono Dimarco e Di Lorenzo, con Spinazzola e Calabria come primi rimpiazzi.
Perché tutte queste congetture diventino realtà, però, non basta solo la prova dei fatti, ma anche la volontà di De Laurentiis. Luciano Spalletti, quando ha rescisso il suo contatto con il Napoli, ha accettato una clausola a favore dei campioni d’Italia: per liberarsi entro il primo anno dalla rescissione vanno pagati ai campani 3,2 milioni di euro. A confermarlo all’ANSA l’avvocato del club, Mattia Grassani: “La clausola impegna il Napoli e Spalletti, nessun altro. Poi non è vietato che un club o una federazione, interessati a ingaggiare l’allenatore, possano surrogarsi al tecnico, versando l’importo. La clausola aveva lo scopo di ristorare il Napoli qualora Spalletti non avesse mantenuto la promessa di fermarsi per un anno, nella prospettiva che ci fosse una società concorrente. Nessuno pensava a una federazione. E la Figc mai ha pagato un club per un allenatore. Questo è lo scoglio politico da superare”. Che sia la federazione o il futuro CT a mettere i soldi, la clausola resta. A meno che, visto il rivale “eccezionale”, non sia il vulcanico presidente del Napoli a fare uno sconto.