“Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”, dice qualcuno.
Esattamente un anno fa il mondo del dissenso è rimasto senza voce all’interno del Parlamento italiano. Di chi è la colpa, oltre ovviamente che degli elettori sovranisti che hanno preferito rimanere sul divano di casa ad esercitare il proprio dissenso?
La colpa, dicono, è di chi non è riuscito a creare un fronte unitario dei movimenti e dei partiti del dissenso.
Parallelamente, i leader di quei partiti si difendono dicendo che “non c’erano i tempi tecnici per farlo” e si rimbalzano la responsabilità.
Ora, inutile piangere sul latte versato, ma è fondamentale non ripetere ora i medesimi errori.
A giugno ci saranno le elezioni del Parlamento europeo e non possiamo permetterci, nella maniera più assoluta, di rimanere senza voce anche all’interno di quel Parlamento, dove è fondamentale la voce di chi si oppone a questa Europa, che è sempre meno Unione e sempre più danni sta recando al Paese. I tempi adesso ci sono, ma bisogna assolutamente partire subito, prima di tutto chiarendo chi è intenzionato a creare un fronte unico del dissenso e chi invece preferisce continuare a coltivare semplicemente il proprio orticello.
Ma questa volta, la risposta a questa domanda non deve arrivare dalle versioni contrastanti di leader dei movimenti litigiosi tra di loro.
La risposta deve arrivare pubblicamente: dunque cominciamo a far cadere le maschere.
La seconda cosa, a mio avviso, da fare immediatamente è quella di iniziare un’interlocuzione con i leader dei principali movimenti che, pur venendo da storie diverse, sono però disposti ad unirsi su alcune battaglie fondamentali. Quelle che ovviamente riguardano il ruolo dell’Italia nell’Unione Europea; il ruolo dell’Italia nella Nato; il contrasto all’immigrazione, che è una piaga del nostro Paese; il contrasto alla crisi economica, opponendosi ovviamente a quei vincoli e a quei trattati che le crisi le inducono, con il ruolo soprattutto delle istituzioni europee. Ovviamente, lo chiariamo subito, non potrà essere un fronte aperto a tutti indiscriminatamente.
Ma basandosi su quelli che sono stati i risultati delle ultime elezioni politiche, basandosi anche sull’analisi del lavoro di chi ha intrapreso un ruolo attivo a partire proprio dallo scorso settembre, ritengo che siano principalmente quattro le figure fondamentali da mettere insieme per coprire tutto il potenziale elettorato del fronte, chiamiamolo, “antisistema“.
Sicuramente Francesco Toscano e Marco Rizzo, che con Democrazia sovrana e popolare hanno appeal principalmente tra quelli che potremmo definire “i sovranisti di sinistra” e che hanno lavorato benissimo in questi ultimi mesi.
Poi c’è una new entry, Gianni Alemanno, che dopo un tentativo dietro le quinte di Italexit di piazzare dei propri uomini in Parlamento alle scorse elezioni (tentativo che non ho apprezzato né da parte sua né da parte di chi glielo ha permesso, che sia chiaro) ha deciso però adesso di metterci la faccia, quindi di scendere in campo con un proprio partito. E devo ammettere che è in assoluto colui che ha lavorato meglio di tutti in questo ultimo anno, senza sosta, riuscendo anche a superare quella che era l’iniziale diffidenza da parte del mondo del dissenso nei confronti di chi comunque ha sempre fatto parte delle istituzioni.
Il partito di Alemanno, inutile dirlo per ovvie ragioni, si rifà principalmente ad un elettorato a destra di Fratelli d’Italia o addirittura, se la Meloni continua a fare tutti questi errori, potrà aspirare addirittura ai “Meloniani” delusi, quindi ampliando sempre di più la sua forbice.
Alemanno da una parte e Rizzo e Toscano dall’altra, coprono due elettorati sovranisti ma diametralmente opposti.
Poi c’è ovviamente Paragone, ancora alla guida di Italexit, che alle ultime elezioni si è dimostrato, numeri alla mano quindi con dati certi, il partito leader del mondo del dissenso. Pensate che in un mondo che è sempre stato definito degli “zero virgolisti”, perché non si andava oltre lo zero virgola, Paragone è riuscito a portare un partito al 2%.
La Matrix Europea – La verità dietro i giochi di potere, con Francesco Amodeo