Ci risiamo: a scatenare il classico e iper-divisivo “dibattito” italico, è un elemento apparentemente di poco conto.
Almeno questo è quello che dovrebbe essere, secondo Alberto Contri, docente di Comunicazione.
Lo spot Esselunga è finito al centro del ciclone mediatico: da Il Fatto Quotidiano a SkyTg24, si scrive della pubblicità andata in onda di recente che “fa discutere“. Perché? A far scalpore sarebbe una propaganda anti-divorzista individuata dai più, nello spot in cui una bambina, figlia di divorziati, cerca di ricucire il rapporto e di far ricredere i genitori. E, come solito, parte la divisione. O forse non così troppo? Tra i commenti sui social, è inevitabile infatti notare una maggioranza che non trova alcun “crimine” nello spot.
Una pubblicità che è piaciuta a Giorgia Meloni, a Matteo Salvini, a Guido Crosetto, ad Antonio Padellaro.
Ma uno spot di cui si fa fatica a capirne le polemiche, che accusano i creatori di difendere la famiglia tradizionale, vista la matrice invece quasi progressista dichiarata dall’ideatore Luca Lorenzin, dell’agenzia Small. “Il nostro messaggio era semplicissimo – spiega – e quando un prodotto riesce a suscitare emozioni è un buon prodotto. Di solito vediamo la famiglia felice classica, che si alza al mattino, tutti fanno colazione assieme, sono felici e uniti. Di famiglie così ce ne sono tante, noi abbiamo deciso di raccontarne un’altra, che non è irreale“.
Sottolineando la pregevole fattura della pubblicità, Contri spiega che “quello che è più grave è che l’80/90% dei commenti è favorevole, si commuovono. Sono scattati quelli che ritengono che il divorzio e l’aborto siano una grande conquista sociale.
Saranno quel che saranno, ma sarà possibile sperare e pensare che una famiglia si possa ricomporre? Ma è vietato pensarlo?
Capite a che livello la cancel culture è arrivata? Lo spot ‘fa discutere’? Ma non fa discutere proprio! Lo apprezza il 90% delle persone“.
Dunque solo una discussione sollevata dai media, che non ha avuto grande riscontro e dibattito nel pubblico?