Una tempesta ha invaso gli Stati Uniti sul fronte Covid e censura, il palcoscenico è il web, nello specifico i social media. Come già affrontato in precedenza, i recenti aggiornamenti riguardano la Great Barrington Declaration, dichiarazione firmata da autorevoli scienziati e ricercatori come Martin Kulldorff, Sunetra Gupta, e Jay Bhattacharya, oltre che da altri 34 co-firmatari, all’interno della quale viene esposta la tesi secondo la quale si potevano sostenere, ai tempi dell’emergenza, cure mirate su anziani e fragili che non comprendessero necessariamente il vaccino.
Il vero inghippo della questione lo individuiamo nel momento in cui i sostenitori di tale dichiarazione e l’omonima pagina social ufficiale, si sono visti gradualmente censurare i vari post social nei quali tentavano di divulgare le proprie tesi. Il culmine della censura arriva nel momento in cui il profilo ufficiale della “Great Barrington Declaration” viene definitivamente oscurato.
Dopo un lungo processo, le autorità competenti hanno riscontrato una violazione del primo emendamento, del quale la libertà d’espressione è caposaldo indiscutibile, e hanno limitato le comunicazioni formali tra i membri chiamati in causa della Casa Bianca e le piattaforme social.
Lo psichiatra Alessandro Meluzzi ha commentato la duplice rilevanza della sentenza: “In primis la sentenza ci conferma che dietro questa feroce strategia di negazione della libertà c’era un piano ben preciso che collega apparati dello stato alle lobby come Big Pharma, ci conferma la presenza di una fitta rete di poteri forti di ispirazione Orwelliana. La seconda considerazione è più ottimista: questa sentenza ci fa notare che laddove, come negli Stati Uniti, gli organi di diritto abbiano ancora un minimo di consistenza, c’è la possibilità di agire contro censure di questo tipo, a differenza dell’Unione Europea“.
Alberto Contri, docente di comunicazione sociale, evidenzia una controversia comunicativa tra Usa ed Europa: “C’è una contraddizione palese tra la sentenza statunitense e il Digital Act che l’Unione Europea vuole introdurre, il verdetto sancisce atteggiamenti analoghi a quelli che l’Europa ha intenzione di introdurre sulla censura attraverso il Digital Act. In ogni caso, a prescindere dalle questioni sulla censura, io vedo tutt’oggi gente completamente condizionata. Sono pessimista, perché vedo persone addormentate che non si pongono più domande, non instillano più alcun dubbio“.
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